Molti italiani non ne hanno affatto un bel ricordo, eppure la Von Der Lyne continua a spingere molto su Mario Draghi e lo ritiene ormai quasi il salvatore della patria. L’ex premier infatti ha completato e consegnato il suo famoso studio di 400 pagine nel quale illustra quelli che secondo lui sono le soluzioni da mettere in campo per far tornare l’Europa ad essere competitiva. Una di queste strategie è quella di eliminare l’unanimità di giudizio dei 27 Paesi, per tornare a contare sul concetto di maggioranza, una proposta che potrebbe far storcere il naso ai più democratici.
Un piano per rilanciare l’Europa
Già da diverso tempo si parla del cambiamento radicale proposto da Draghi per l’UE. È singolare però che chi propone valori condivisi dall’Europa stessa, come “prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile“, china poi di rinunciare all’unanimità per preferire il voto a maggioranza. Secondo Draghi infatti per evitare intoppi nella politica da seguire, meglio semplificare le cose. Intendiamoci, il voto di maggioranza rimane un sistema comunque in linea con la democrazia, ma è senza dubbio uno step inferiore rispetto all’unanimità, che invece dovrebbe garantire l’equità democratica per eccellenza.
Ciò che però sta incuriosendo di più è la promessa fatta da Mario Draghi; questa sua proposta di cambiamento infatti permetterebbe all’UE di investire 800 miliardi di euro in più all’anno. L’ex capo della Bce non è certo uno che spara cifre a casa, soprattutto quando si parla di soldi. Per far soldi però ci vogliono soldi, ossia investimenti importanti. Ad esempio, solo per digitalizzare e decarbonizzare l’economia e aumentare la capacità di difesa serviranno investimenti aggiuntivi pari a due Piani Marshall. Il must proposto da Draghi però è l’aumento della produttività. Solo se c’è tale aumento l’Europa può continuare a promulgare i suoi valori e dare un senso alla sua unità.
Mario Draghi per un’Europa unita
Contrastare lo strapotere di USA e Cina non è cosa da poco, ma Draghi ha il suo piano. Ci siamo già occupati di quelle che sono le strategie proposte da Draghi nel suo report, ma quello che ora incuriosisce sono questi soldi da dover investire in più ogni anno. Insomma, come farà l’Europa a spendere 800 miliardi in più? Nel report si parla di tale cifra allo scopo di centrare gli obiettivi proposto. Come abbiamo detto, solo alcuni di essi corrispondono a due Piani Marshall. Nello studio si legge testualmente:
“Sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023. Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”.
Mario Draghi pensa anche di emulare il modello cinese sotto alcuni aspetti, ad esempio potrebbe non essere una cattiva idea quella di aiutare il settore dell’automotive come ha fatto la Cina con l’elettrico. Fondamentale anche la questione del debito. Sempre nel rapporto si legge:
“Se le condizioni politiche e istituzionali sono presenti, l’Ue dovrebbe continuare – basandosi sul modello del NextGenerationEu – a emettere strumenti di debito comune, che verrebbero utilizzati per finanziare progetti di investimento congiunti volti ad aumentare la competitività e la sicurezza europea. Aumentare i finanziamenti europei per la Ricerca e Sviluppo (R&S) nel campo della difesa e di concentrarli su iniziative comuni”.
La Von der Lyne sembra voler sposare perfettamente la politica di Draghi, del resto fu lei a commissionargli tale report. Rimane però insindacabile il giudizio dei 27 Paesi membri, i quali dovranno decidere se accogliere o meno i punti proposti. Secondo Draghi, però, si tratta di una scelta non da poco, anzi addirittura esistenziale.
Riassumendo…
- Mario Draghi chiede investimenti annui aggiuntivi da 800 miliardi di euro;
- solo per digitalizzare e decarbonizzare l’economia e aumentare la capacità di difesa serviranno investimenti aggiuntivi pari a due Piani Marshall;
- aumentare la produttività è il suo imperativo categorico, diversamente l’UE dovrà rinunciare alle sue ambizioni.