Per i paesi esportatori di energia come la Norvegia il 2022 sarà anche stato un anno da incorniciare, ma per il fondo sovrano gestito da Norges Bank è stato da dimenticare. L’esercizio si è chiuso con perdite record di 1.640 miliardi di corone, al cambio attuale pari ad oltre 150 miliardi di euro. Un rendimento negativo del -14,1%, che lascerà il segno nella storia quasi trentennale dell’ente. A spiegare cos’è accaduto ci ha pensato il CEO, Nicolai Tangen, che ha parlato di un mix di eventi anomali come la guerra russo-ucraina, l’inflazione e il rialzo dei tassi d’interesse.
Il fondo sovrano norvegese gestisce assets per oltre 12.400 miliardi di corone, 1.240 miliardi di dollari. Si tratta di investimenti azionari, obbligazionari e immobiliari in 70 paesi. In particolare, ha acquistato azioni in oltre 9.200 società quotate in borsa, possedendo l’1,3% dell’intero capitale mondiale. Esso investe anche in Italia, dove si contano obbligazioni in una ventina di aziende e in BTp per complessivi 8,24 miliardi di dollari, di cui 6,4 miliardi in titoli di stato. Quanto alle azioni, gli investimenti nel Bel Paese riguardano 144 aziende per 9,6 miliardi, tra cui spiccano i 727,5 milioni in Unicredit e i quasi 790 milioni in ENI. Le perdite su queste ultime ammontano a 2,2 miliardi, pari al 18% e, come vedremo, superiori alla media nell’anno.
Il precedente anno nero per il fondo sovrano era stato il 2008 con perdite per 633 miliardi di corone. Andando a verificare l’andamento di ciascuna categoria di asset, scopriamo che gli investimenti azionari hanno prodotto perdite per il 15,1% e quelli obbligazionari per il 12,1%. Viceversa, il ritorno è stato positivo dello 0,1% per gli investimenti immobiliari e del 5,1% per i progetti sulle rinnovabili. Il mercato a reddito fisso ammontava in valore al 30,2% degli investimenti a fine anno contro il 67,1% delle azioni e il 2,6% del mercato immobiliare.
Fondo sovrano alimentato da entrate fiscali su petrolio e gas
Malgrado la batosta, il fondo sovrano norvegese ha visto salire il valore di mercato dei suoi asset a 12.779 miliardi di corone a fine 2022 dai 12.638 miliardi di un anno prima.
Ciò detto, in appena un quarto di secolo Oslo è stata capace di generare dal nulla un fondo sovrano dalle dimensioni di due volte e mezza il PIL. Sempre a fine 2022, ciascun norvegese possedeva virtualmente una ricchezza pari a 236.500 dollari solo grazie agli asset gestiti dall’ente. In pratica, la Norvegia è un paese con un debito pubblico netto profondamente negativo (circa -200% del PIL), poiché il dato lordo dovrebbe scendere quest’anno sotto il 40%. Una condizione invidiabile e che la politica custodisce gelosamente, evitando di intaccare il patrimonio anche nelle fasi più difficili per l’economia nazionale. I prelievi raramente hanno superato gli accrediti e quando ciò è avvenuto, le polemiche non sono mancate.
Le entrate fiscali derivanti dal comparto energetico sono stimate in crescita a 855 miliardi di corone per quest’anno dai 720 miliardi dello scorso anno, Furono di appena 96,6 miliardi nel 2021. Un boom per i conti pubblici, destinato ad aumentare la liquidità in ingresso del fondo sovrano. E la ripartenza dei mercati finanziari, pur ancora tentennante, aumenterebbe il valore degli asset già investiti. Il 2023 potrebbe far dimenticare la brutta performance dell’anno passato.