Meglio investire in titoli di stato o in immobili nell’era dei tassi bassi?

I titoli di stato rendono meno degli immobili, ma i fattori di rischio sono decisamente più alti per le case. Vediamo perchè e cosa conviene fare
8 anni fa
3 minuti di lettura

Meglio investire in titoli di stato o in immobili? Gli italiani hanno sempre preferito investire i loro risparmi nel mattone e questa è un’abitudine profondamente radicata nelle famiglie, ma qualcosa sta cambiando nella loro mentalità. Da quando è scoppiata la crisi finanziaria nel 2008 e il mercato immobiliare è crollato, affidare i propri risparmi alla finanza è oggi più conveniente che investire in case da mettere a rendita. Sempre che si possiedano conoscenze basilari d’investimento.

Nonostante i bassi tassi d’interesse e la scarsa remunerazione del capitale sui titoli di stato, un investitore deve sapere che, oggi come oggi, acquistare immobili da mettere a rendita è diventato sconveniente.

A spostare sostanzialmente l’ago della bilancia verso i titoli di stato è il peso del fisco che si mangia gran parte delle rendite immobiliari. Ma anche i rischi sono diventati più alti con l’acuirsi della crisi e tanti proprietari di seconde case faticano a incassare i canoni di affitto. Ma vediamo all’atto pratico quanto rende un investimento in Btp a 10 anni e uno analogo in immobili per la stessa durata.

Quanto rende un Btp a 10 anni

Con 100.000 euro si può sottoscrivere un Btp a 10 anni e portarlo a scadenza. La rendita, ai tassi attuali, è del 2% circa che corrisponde a 20.000 euro lordi a scadenza naturale. A questa cifra va tolta l’imposta sostitutiva del 12,50% e le imposte sul deposito titoli (0,02% del patrimonio). Il guadagno netto è quindi pari a 15.500 euro dal quale bisogna detrarre eventualmente i costi bancari (non più di 100 euro all’anno) se si tratta di banca fisica, mentre sarebbero quasi nulli se si tratta di banca online.

Quanto rende un immobile per 10 anni

Se con 100.000 euro si decidesse di acquistare un immobile nuovo in una zona semicentrale di una piccola provincia italiana, si potrebbe disporre di un monolocale non arredato da affittare a circa 350 euro al mese, al netto di eventuali commissioni di agenzia immobiliare.

La rendita dopo 10 anni risulterebbe di 42.000 euro. A questa cifra bisogna però detrarre il 20% di imposte sul canone di affitto (cedolare secca), l’IMU e la TASI come seconda casa (circa 700 euro all’anno), i costi di ordinaria e straordinaria amministrazione per un appartamento nuovo (circa 400 euro all’anno), le imposte di registro e notaio per l’acquisto dell’immobile e la registrazione del contratto d’affitto (circa 5.000 euro). A conti fatti, si  arriverebbe a 17.600 euro netti, 2.100 euro in più rispetto all’investimento in titoli di stato.

Il mattone non si rivaluta più come una volta

Fin qui appare quindi poco più conveniente investire nel mattone e metterlo a rendita, ma le cose si complicano quando si tratterà di vendere l’appartamento. Il proprietario, infatti, dopo 10 anni non potrà più pensare di incassare gli stessi soldi impiegati per l’acquisto. Posto che la rivalutazione dell’immobile sia nulla (in questo momento la tendenza è negativa per diversi fattori che non stiamo qui a esaminare), su di esso inciderà il deperimento dell’appartamento che non sarà più vendibile come nuovo. La differenza fra nuovo e usato oscilla mediamente fra il 10% e il 30% dipendendo da molti fattori (ubicazione dell’immobile, stato della casa, ecc.). In ogni caso, nella migliore delle ipotesi, il capitale che se ne ricaverà dalla vendita sarà di circa 90.000 euro, commissioni di agenzia escluse. Quindi, l’investimento sarà a tutti gli effetti penalizzante.

Btp decisamente migliori delle case

Conti a parte, esaminiamo ora i fattori di rischio. Posto che i rischi sulla insolvenza dei Btp siano oggi al minimo storico e quindi la corresponsione degli interessi e il rimborso del capitale sono sicuri e puntuali, il pagamento dei canoni di affitto risulta decisamente elevato. Sono infatti in deciso aumento dal 2008 a oggi i casi di ritardo nei pagamenti, le morosità degli inquilini e le richieste di sfratto dei locatari.

In questo caso, il proprietario dell’immobile è costretto, oltre che a pagare periodicamente le tasse sulla casa, anche a sostenere quelle legali per attuare una procedura di sfratto dell’inquilino inadempiente. Il che potrebbe richiedere anche molto tempo per rientrare in pieno possesso dell’immobile. Per non parlare dei tempi di vendita della casa che si sono allungati nel tempo (sei mesi quando va bene) e senza parlare di eventuali costi di intermediazione immobiliare (mediamente il 3% del valore commerciale della casa). Per vendere un Btp, in caso di necessità, invece, basta un minuto e i costi sono decisamente irrisori.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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