Nella storia delle elezioni politiche in Italia non vi era mai stata un’affluenza ai seggi così bassa come quella di domenica scorsa. Meno di due italiani su tre sono andati a votare. La tendenza negativa va avanti da un trentennio quasi ininterrottamente ed è figlia di due evoluzioni storiche: la sempre minore ideologizzazione del voto e la riduzione delle sacche clientelari. I partiti politici non hanno granché da offrire sul piano delle ideologie e degli scambi di favore. E la vittoria di Giorgia Meloni testimonia questo andazzo: Fratelli d’Italia si afferma, in quanto unico partito nel panorama nazionale accreditato di un qualche patrimonio ideologico ancora coerente.
Sud in difesa del reddito di cittadinanza
La stessa affluenza è risultata molto squilibrata tra Nord e Sud. Si va dal 70% e più di regioni come Emilia-Romagna e Lombardia al 41% della Calabria. In media, poco più di un meridionale su due ha votato. E la partecipazione al voto sarebbe stata presumibilmente più bassa, se di mezzo non ci fosse stato il tema del reddito di cittadinanza. Gran parte dei cittadini campani, calabresi, siciliani e pugliesi è andata a votare per paura di perdere il sussidio.
Il ritornello sotto Roma è stato il seguente: “se vince quella (la Meloni), ci toglie il reddito”. Giuseppe Conte ha dimostrato di essere meno sprovveduto di quanto sembrasse e ha cavalcato l’onda al grido di “votare 5 Stelle per non perdere il reddito di cittadinanza”. Ha funzionato. E’ riuscito a frenare l’emorragia di voti. Il resto lo hanno fatto l’inconsistenza programmatica e la comunicazione disastrosa del PD di Enrico Letta.
Meloni al Nord pesca tra i ceti produttivi
Tornando al prossimo governo Meloni, siamo al paradosso di una futura premier ritrovatasi a supplire i leghisti nel compito non facile di rappresentare le istanze dell’Italia produttiva in una fase di grande crisi alle spalle con la pandemia e in arrivo con il caro bollette.
Ma in questa trasformazione non potrà e dovrà perdere di vista il lamento che giunge da Sud. Un terzo della popolazione dello Stivale vive in territori sprovvisti anche della speranza. Se milioni di meridionali sono andati a votare per difendere il reddito di cittadinanza dal rischio cancellazione, non è perché siano tutti fannulloni e allergici al lavoro. Semplicemente, al Sud il lavoro non c’è e, quando c’è, è spesso mal pagato e in nero. Meloni dovrà tenerne conto. Ammesso e non concesso che cancelli il reddito, dovrà rimpiazzarlo con fatti concreti e non con vuote speranze sul futuro. Con il primo si mangia, con le seconde no.
Meno assistenza, più investimenti al Sud
A Bagnoli, chiudendo la sua campagna elettorale venerdì scorso, Meloni ha reso una dichiarazione importante quando ha spiegato che legare gli investimenti – nello specifico, del PNRR – alla percentuale popolazione residente significa condannare il Sud allo spopolamento, figlio proprio della povertà. Avrà il coraggio sul punto di convincere la Lega a trasferire maggiori risorse nel Meridione per potenziare le infrastrutture? Se vogliamo almeno ridurre la quantità di risorse destinate all’assistenzialismo, dobbiamo accrescere quelle per gli investimenti.