Nel mese di aprile, il debito pubblico italiano è salito di altri 3,5 miliardi a 2.758,9 miliardi di euro, segnando un ennesimo record storico. In realtà, il mese si è chiuso con un avanzo di bilancio di 5,3 miliardi, ma nel frattempo il Tesoro ha aumentato le disponibilità liquide di altri 5,5 miliardi. Il resto lo hanno fatto gli scarti di emissione, la rivalutazione dei titoli di stato indicizzati e l’effetto cambio. Dall’inizio dell’anno, lo stock è cresciuto di oltre un’ottantina di euro, circa lo stesso importo su base annua.
Corsa del debito pubblico italiano
Poiché questo articolo di circa 500 parole dovreste riuscire a leggerlo con attenzione in un paio di minuti, sappiate che nel frattempo il debito pubblico sarà lievitato di quasi un altro milione di euro. Infatti, a questi ritmi è cresciuto di 675 milioni al giorno quest’anno, che fanno oltre 28 milioni l’ora, cioè quasi 470.000 euro al minuto. Se pensate a come potrebbe cambiarvi la vita con 1 milione di euro, capirete bene quale impatto abbia questa crescita incessante del debito pubblico sulle nostre finanze. Anche perché a doverlo ripagare saremo noi e soltanto noi con le tasse.
Per guardare al bicchiere mezzo pieno, non possiamo che notare che rispetto al periodo buio della pandemia il rallentamento nella crescita dello stock esiste ed è persino forte. Tra l’aprile 2020 e l’aprile 2021, il debito pubblico crebbe di 213 miliardi, 2,7 volte più velocemente degli ultimi dodici mesi. In effetti, nel 2020 l’Italia chiuse con un deficit al 9,5% del PIL, il livello più alto dal 1993. L’anno scorso, si registrò una discesa al 7,2%, mentre per quest’anno il governo Draghi stima un 5,6%. In ogni caso, cifre elevatissime, specie per un paese indebitato al 150% del suo PIL.
La BCE ha monetizzato i debiti degli stati dell’euro negli ultimi anni, tanto che la Banca d’Italia si trovava in portafoglio qualcosa come oltre 585 miliardi di euro di BTp al 30 aprile scorso.
Fuga degli investitori stranieri
Gli investitori stranieri possedevano in aprile il 30% tondo dei titoli del debito pubblico italiano. La percentuale comprende i bond in possesso della BCE e quelli acquistati dagli italiani tramite entità straniere. A conti fatti, pochissimi sono oramai i capitali che dall’estero puntano sul mercato sovrano tricolore. Pensate che nel 2010, quando ancora non c’erano gli acquisti dei bond da parte delle banche centrali, il 52% dei BTp risultava essere in mano a investitori stranieri. Questo significa che la quota si è effettivamente dimezzata da allora.
La lunga e infinita crisi dello spread ha persuaso molti fondi e banche d’affari ad allontanarsi dall’Italia, a causa della volatilità a cui il nostro debito pubblico soggiace sui mercati, riflesso di una politica erratica e inconcludente. Dovremmo almeno sperare che la risalita dei rendimenti attiri le famiglie italiane, che abbondano di risparmi infruttiferi. Se così non fosse, sarebbero tassi amari.