Russia: sorprese in positivo
L’attività economica in Russia ha rimbalzato nel secondo trimestre, accelerando al 2,5% a/a dallo 0,5% a/a dei primi tre mesi dell’anno. Il forte legame tra il Pil russo e i prezzi del petrolio suggerisce che questa overperformance non è poi così anomala. Tracciando l’andamento del greggio, possiamo anche creare un modello di crescita del Pil in grado di segnalare la direzione corretta dell’attività economica. Da qui in avanti, le quotazioni dell’oro nero segnalano un graduale rallentamento andando verso il 2018, quando la crescita poi recupererà terreno.
Sul fronte geopolitico, le nuove sanzioni statunitensi approvate a inizio agosto inaspriscono le restrizioni che riguardano i prestiti alle società della lista nera e aumentano le possibilità di ulteriori misure contro altre aziende di Stato. Tutto ciò può potenzialmente pesare sugli investimenti diretti esteri e sugli investimenti domestici. Ancora più preoccupante per la Russia è il fatto che il Tesoro USA sta valutando l’impatto di ipotetiche sanzioni sul debito governativo russo. Circa il 30% del debito governativo russo è detenuto da entità straniere, quindi azioni in quest’area potrebbero mettere in difficoltà il Paese.
India: venti contrari di natura politica
La revisione al ribasso delle stime di crescita sull’India è riconducibile a due avvenimenti chiave. Il primo riguarda il Pil del primo trimestre, cresciuto del 6,1%, un punto percentuale sotto il consenso. Il secondo consiste nell’implementazione della tassa su beni e servizi, introdotta a inizio luglio. I PMI segnalano un impatto negativo considerevole, sia sul lato manifatturiero che dei servizi.
Il trend disinflazionistico prosegue e lascia spazio alla Banca Centrale per intervenire a supporto della crescita. A luglio, la Banca Centrale ha tagliato i tassi di 25 punti base al 6%, dopo che l’inflazione si era attestata al 2,4%, ben al di sotto del target al 4%. Nel lungo periodo, la variabile principale che potrebbe rallentare la crescita riguarda il settore bancario domestico, responsabile dell’80% dei finanziamenti. Circa il 12% dei prestiti sono non esigibili e una risoluzione non sembra vicina. La ricapitalizzazione potrebbe costare al Governo 90 miliardi di dollari e, in assenza di un approccio sistematico, è improbabile che la crescita del credito supporti la crescita nel corso del prossimo anno.