Mercati Emergenti, un 2019 in risalita

Commento sull’outlook per i Mercati Emergenti a cura di Delphine Arrighi, gestore del fondo Merian Emerging Market Debt
6 anni fa
3 minuti di lettura

I Mercati Emergenti sono stati sotto pressione nel 2018. Le incertezze riguardo alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina hanno esacerbato un contesto già complesso. La liquidità si è ridotta a livello globale e la Federal Reserve ha posto fine al quantitativeeasing, accelerando anche il ritmo dei rialzi dei tassi di interesse.

La forza del dollaro ha messo in difficoltà le valute dei Mercati Emergenti, nonostante i loro solidi fondamentali. I Paesi con deficit di partite correnti più ampi hanno sofferto di più rispetto agli altri.

L’Argentina e la Turchia hanno intrapreso misure drastiche per limitare gli sbilanci macroeconomici e porre fine al deprezzamento delle loro valute. Anche i Paesi esportatori di petrolio si sono indeboliti, nonostante il miglioramento dei bilanci fiscali e delle partite correnti, dato che i mercati hanno ignorato l’aumento del prezzo del greggio, focalizzandosi invece sui timori legati al rallentamento dell’economia a livello globale.

Ora questi timori si stanno diffondendo in altre asset class e ciò potrebbe portare al cambiamento delle politiche di cui i Mercati Emergenti necessitano per poter tornare a sovraperfomare. Molto dipenderà dall’evoluzione delle dispute commerciali tra Stati Uniti e Cina quest’anno. La Cina ha già rallentato, e se Wall Street e l’economia americana dovessero faticare, è possibile che Trump vorrà aprire il dialogo. Nel frattempo, un Congresso Usa sempre più diviso riduce le possibilità di vedere ulteriori stimoli da parte del Governo americano, il che potrebbe portare a un rallentamento della crescita statunitense, a un riprezzamento dei futuri rialzi della Fed e alla fine del ciclo di forza del dollaro.

Ciò potrebbe fornire le condizioni esterne necessarie ai Mercati Emergenti per riprendersi, con valutazioni sottostimate e fondamentali solidi che attireranno gli investitori. Tuttavia, la diversificazione rimarrà un elemento chiave, dato che i Paesi con alte necessità di rifinanziamento faranno fatica in un mondo in cui la liquidità si è molto ridotta.

Di conseguenza continuiamo a rimanere fedeli al nostro approccio agli investimenti, basato su una comprensione profonda e un monitoraggio attento dei fondamentali economici e della politica, per generare solide perfomance nel 2019. Sulla base di queste valutazioni, alcuni dei Paesi che hanno sofferto di più nel corso del 2018 potrebbero rivelarsi interessanti per i prossimi dodici mesi. Vediamo alcuni casi nel dettaglio.

Argentina: potenzialmente uno dei migliori crediti del 2019

Il peso argentino ha perso metà del suo valore nel 2018, rimbalzando a ottobre, dopo che i target monetari della Banca Centrale sono stati modificati. L’ampia svalutazione della valuta sta portando a un rapido restringimento del deficit delle partite correnti. Grazie a un aggiustamento fiscale pari al 3% del Pil e alle necessità di finanziamento che sono coperte fino al 2020, le emissioni argentine dovrebbero continuare ad essere contenute anche quest’anno.

Brasile: attraente per il 2019

Nonostante sia una figura controversa, il nuovo Presidente JairBolsonaro ha convinto il mercato del fatto che rappresenti la migliore opzione per il Brasile a livello economico. Da qui il forte rally per gli asset brasiliani a cui abbiamo assistito. Continuiamo a vedere valore sulla curva, vista la mancanza di pressioni inflattive e il potenziale per un possibile cambiamento di scenario a livello fiscale.

Indonesia: un Paese da sovrappesare

Le autorità hanno intrapreso una serie di azioni per mantenere il deficit delle partite correnti al di sotto del 2% rispetto al Pil e hanno reiterato gli sforzi per far sì che il deficit fiscale rimanga sotto al 2% nel 2019. Sono stati promulgati diversi rialzi dei tassi preventivi per difendere la rupia. L’inflazione è ben contenuta e ampiamente compresa nei target.

Messico: vulnerabile ai rischi politici

Sebbene la Banca Centrale potrebbe alzare i tassi per supportare il peso, riteniamo che persistano diversi rischi.

Le politiche del Presidente potrebbero innescare dei deflussi sostanziali nel mercato obbligazionario locale da parte di una comunità di investitori molto sovrappesata e offshore.

Turchia: il peggio potrebbe essere passato

A settembre la Banca Centrale ha alzato il tasso repo principale al 24% dal 17,75%, fermando la caduta a picco della lira. Anche il brusco rallentamento della crescita dovrebbe aiutare a tenere sotto controllo l’inflazione nel 2019 e a frenare le importazioni: il deficit delle partite correnti si sta già aggiustando rapidamente dopo la svalutazione della lira turca.

Zambia: ingiustificatamente sofferente

Uno dei Paesi con le peggiori performance nel 2018. Le pressioni continuano ad aumentare sulla kwacha e sui tassi di interesse domestici, creando dubbi riguardo alla capacità del Governo di finanziare il deficit fiscale. Tuttavia, i timori del mercato su un possibile default della Zambia potrebbero dimostrarsi troppo pessimistici, vista la capacità del Paese di rifinanziare i suoi debiti bilaterali con la Cina. La prossima scadenza dell’eurobond sarà non prima del 2022.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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