E’ andato tutto come ci si aspettava. Dalla Banca Centrale Europea (BCE) non sono arrivate novità con la riunione del board di giovedì 12. I tassi di interesse sono stati tagliati dello 0,25%. Su questo punto dobbiamo precisare che, a rigore, non è andata esattamente così. La sforbiciata di un quarto di punto percentuale ha riguardato il tasso sui depositi bancari, vale a dire alla remunerazione concessa alle banche commerciali nell’Eurozona sulla liquidità parcheggiata a Francoforte in eccesso rispetto alle riserve obbligatorie.
Corridoio dei tassi più stretto
Quanto ai tassi sui rifinanziamenti principali, detti anche di riferimento, scendono dal 4,25% al 3,65%. Un calo dello 0,60%, esattamente quanto quello registrato dai tassi sui rifinanziamenti marginali. Passano dal 4,50% al 3,90%. Ma qui si è trattato di dare seguito ad un precedente annuncio della BCE, la quale ha così inteso ridurre la discrepanza tra tassi sui prestiti concessi alle banche e tassi sui depositi bancari. Il famoso “corridoio” dei tassi si restringe per rendere la politica monetaria più efficace.
Mercato più spinto degli analisti
Ciò premesso, il mercato si attende che adesso la BCE continui a tagliare il costo del denaro per altre due volte entro l’anno. Questa previsione va contro quella degli analisti, secondo cui vi sarà un taglio per trimestre fino ad almeno tutto il 2025. Tuttavia, l’Euribor a 3 mesi è atteso per inizio dicembre a poco più del 3%. Esso segue l’andamento dei tassi sui depositi bancari. Questo significa per l’appunto che scenderebbero di un altro mezzo punto da qui a tre mesi. Non sembra lo scenario di base, almeno ad ascoltare le parole di Christine Lagarde in conferenza stampa.
Il governatore ha voluto esternare prudenza circa le prossime mosse di politica monetaria.
Euribor ai minimi tra un anno e mezzo
Monitorando la curva dei contratti forward per l’Euribor a 3 mesi, notiamo che il mercato si attende tassi in discesa fino alla primavera del 2026. Tra circa diciotto mesi, dunque, toccherebbero il punto più basso al 2,15%. Rispetto ad oggi, un crollo dell’1,35%. Dopodiché inizierebbe una lenta risalita, ma il 2,50% verrebbe toccato solamente alla fine del 2030. In verità, queste previsioni vanno considerate un riferimento perlopiù per il breve e medio termine. Nel medio-lungo periodo, invece, lasciano il tempo che trovano.
Conseguenze delle previsioni di mercato
Dalla curva emerge, tuttavia, che gli investitori non si aspettano che i tassi tornino anche solo lontanamente ai livelli negativi vigenti fino a poco più di un paio di anni fa. E questo fatto rifletterebbe aspettative d’inflazione più robuste per l’Eurozona, che effettivamente si aggirerebbero intorno al target del 2% per il medio-lungo periodo. Al contrario, a tutt’oggi restano deboli in Italia, dove si stima che la crescita dei prezzi al consumo viaggi nell’ordine dell’1% per i prossimi anni.
Se tutte queste previsioni si rivelassero corrette, avremmo che: 1) la BCE taglierà i tassi per ancora un anno e mezzo e verosimilmente al ritmo medio di una volta per trimestre; 2) l’inflazione italiana resterà più bassa di quella media nell’Eurozona con la conseguenza che: sub-1) l’economia italiana accrescerà la sua competitività rispetto alle principali concorrenti dell’area, ma sub-2) accuserà il colpo di una politica dei tassi più restrittiva di quella di cui avrebbe bisogno.
Tassi più bassi di oggi, ma non ai minimi degli anni passati
In altre parole, mutui e prestiti saranno più a buon mercato nei prossimi trimestri. E questa è la buona notizia per milioni di famiglie. Allo stesso tempo, i tassi non torneranno ai livelli infimi di qualche anno addietro. Anzi, in termini reali, vale a dire al netto dell’inflazione italiana attesa, potremmo registrare un costo del denaro relativamente elevato e disincentivante al ricorso al debito rispetto alle altre principali economie dell’area.