L’ondata massiccia di vendite sul mercato dei bond europei della settimana scorsa rimarrà impressa a lungo nelle menti di chi investe. Mai si poteva immaginare che i rendimenti tedeschi sarebbero esplosi in poche ore dopo l’annuncio di un maxi-piano a lungo termine a debito da parte del probabile prossimo cancelliere. Ma 1.000 miliardi di euro in 10 anni sono sembrati sufficienti ad attirare le attenzioni di stampa, governi e investitori. Le cifre che s’ipotizzavano alla vigilia delle elezioni federali tedesche erano molto, molto inferiori e persino incerte nel “se”.
Sul debito tedesco tutto da vedere
La montagna di maggiore debito tedesco è stata subito scontata nei prezzi, precipitati particolarmente sul tratto lungo delle curve sovrane.
Ieri, una parziale risalita dopo anche quella di venerdì scorso. In parte si tratta senz’altro di acquisti tecnici dopo i ribassi, in parte ci sarebbe dell’altro. Proprio ieri è uscita la notizia che i Verdi non voteranno al Bundestag la riforma costituzionale che consentirebbe al prossimo governo di Grosse Koalition di poter spendere tutti questi miliardi senza alzare le tasse o tagliare altre spese. Vedremo se saranno di parola o cercheranno semplicemente di barattare il loro assenso.
Sta di fatto che dal mercato dei bond europei non sia ancora arrivato un segnale nitido sulle previsioni degli investitori. Il rialzo dei rendimenti sarebbe legato a due fattori: la maggiore offerta di carta e le aspettative d’inflazione in crescita. Testiamo queste seconde, facendo riferimento al Bundei 15 aprile 2030 con cedola 0,5% (ISIN: DE0001030559). Si tratta del bond tedesco con durata residua quinquennale e indicizzato all’inflazione Eurostat. Ci fornisce, pertanto, qual è la previsione degli obbligazionisti riguardo all’andamento dei prezzi al consumo nell’Eurozona per il medio-lungo periodo.
Rendimenti Bund scontano inflazione sempre bassa
In base ai prezzi di ieri, il Bundei rendeva lo 0,55% e si confrontava con il 2,48% offerto dal Bund con cedola fissa a 5 anni. La differenza dell’1,93% sanciva l’inflazione media annuale attesa per il prossimo quinquennio. Alla fine di venerdì 28 febbraio, prima che i rendimenti europei esplodessero, tale differenza risultava essere dell’1,75%. E una settimana prima ancora, cioè alla fine dell’ultima seduta prima delle elezioni in Germania, era dell’1,77%.
Cosa ci dicono questi numeri? Effettivamente, il mercato dei bond sconta una lieve ripresa dell’inflazione per i prossimi anni, ma di un’entità tale da non giustificare alcun terremoto. Un +0,18% in una settimana, che farebbe rimanere il livello di crescita dei prezzi al consumo nell’area appena sotto il target del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea. Ripetendo il test con altri bond europei indicizzati, tra cui i BTp€i, i risultati sono gli stessi.
Mercato dei bond resta incerto
Quindi? O il mercato dei bond non crede al boom del debito tedesco – ma allora non si spiega l’esplosione dei rendimenti – o forse non crede che avrà un impatto significativo per l’economia nell’Eurozona. Sembra che le incertezze siano tante e tali da rendere per il momento complicata ogni previsione anche a breve termine. Molto è in mano alla politica, dai dazi di Donald Trump ai debiti tedeschi. E se il primo sta seminando confusione circa le sue mosse, a Berlino non c’è ancora neanche un governo in carica nel pieno dei poteri da cui poter trarre dichiarazioni che vadano oltre la fase negoziale di un accordo tutt’altro che semplice. Resta il problema dei numeri, senza i quali l’addio al freno al debito non può considerarsi cosa fatta.
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