Blitz tentato, blitz fallito. I Verdi hanno cercato all’inizio di questa settimana di mettere il governo italiano sul banco degli imputati sul tema migranti. Volevano dedicare una plenaria alla discussione della sentenza dei giudici di Roma, con cui è stato deciso il rimpatrio dal nuovo centro in Albania. La loro proposta era stata appoggiata da socialisti, liberali e Sinistra. Tuttavia, popolari, conservatori, patrioti e sovranisti l’hanno respinta tutti insieme. I numeri sono stati impietosi per il fronte progressista: 319 voti contrari, 164 favorevoli e 1 astenuto.
Dal tema migranti segnale positivo per Fitto
Un buon segnale in vista dell’audizione di Raffaele Fitto, in programma il 12 novembre assieme a quella per gli altri cinque vicepresidenti esecutivi. Già nelle scorse settimane la sinistra aveva denunciato l’accordo tra popolari e l’ampio fronte sovranista sulla fissazione del calendario delle audizioni per i commissari. Teme trappole, ossia la bocciatura di qualche esponente socialista finito in fondo al calendario. Se accadesse, non potrebbe più reagire con “rappresaglie” sulle altre nomine.
Già sui migranti si era registrato un segnale di rottura con la passata Commissione, ad opera niente di meno che della presidente Ursula von der Leyen. La tedesca ha partecipato al vertice di dieci paesi europei, tra cui Olanda, Danimarca e Svezia, dedicato a comprendere l’accordo “modello” tra Italia e Albania. Per la sinistra si è trattato di un covo di sovranisti e ai suoi occhi è parso inaccettabile che anche la numero uno della Commissione abbia presenziato, nei fatti dando il suo assenso alle politiche migratorie dei governi di destra.
Maggioranza Ursula in frantumi
E la famosa maggioranza Ursula? Composta da popolari, Verdi, socialisti e liberali per la seconda volta di seguito, di fatto è esistita giusto il tempo di votare a favore del bis per la presidente. Non c’è più. A Bruxelles le maggioranze politiche intese come nei Parlamenti nazionali non sono mai esistite.
Perché succede tutto questo e quali saranno le conseguenze? Di elezione in elezione assistiamo all’avanzata del fronte sovranista, che ormai non può più essere relegato a “minoranza estremista”. Le Pen in Francia nei fatti sta consentendo al governo Barnier di reggersi in piedi. E l’Italia è diventata un modello per chi ambisce a governare da posizioni di destra. Il temuto radicalismo nell’azione legislativa non c’è stato. Anzi, Meloni piace ai mercati e persino a qualche governo progressista, tra cui l’amministrazione americana, il premier laburista britannico Keir Starmer e la premier socialista danese Mette Frederiksen.
Scoglio transizione energetica
I migranti sono un tema altamente simbolico per i cittadini europei. Da una parte la politica di chi invoca rigore in fase di accoglienza e dall’altra la sinistra delle frontiere aperte. Non sarà, però, l’unico a riunire conservatori europeisti ed euroscettici. La transizione energetica resta un grosso tabù a sinistra, malgrado i disastri già palesatisi con il Green Deal. I costi delle bollette sono esplosi e l’industria automobilistica europea è a rischio scomparsa. I popolari non apriranno bocca fino al 12 di novembre, quando la nuova Commissione sarà finalmente avallata dall’Europarlamento, salvo inciampi.
Dal giorno dopo, però, essi potrebbero rimettere in discussione questo capitolo, dando seguito all’enorme insoddisfazione degli elettori europei.
Migranti inizio di riassetto politico
Tra meno di un anno, poi, la Germania tornerà al voto. Salvo una rimonta a cui non crede nessuno, Scholz non sembra destinato al bis. Gli succederebbe un cancelliere conservatore. Resta da vedere se vi sarebbe l’eterna riedizione della Grosse Koalition con i socialdemocratici. In ogni caso, l’ex maggioranza Ursula avrebbe perso la guida di entrambi i governi dell’asse franco-tedesco. Le rimarrebbe la Spagna, molto poco per avanzare pretese sul programma della nuova Commissione. Ma guai a immaginare che il cambiamento avviato sul tema migranti sarà privo di ostacoli. Pur politicamente moribondi, Emmanuel Macron e Scholz tenteranno di tutto per non soccombere al riassetto. Ne va non solo dei loro destini personali e di quelli dei rispettivi politici, ma anche dell’influenza dei due paesi che rappresentano.