Volete vedere che siamo entrati nel secolo indiano e pensavamo che avesse gli occhi a mandorla? Sono sempre più frequenti i dati che suggeriscono la rapida ascesa dell’India tra le grandi economie mondiali, evidenziando al contempo, se non un vero declino, perlomeno un deciso rallentamento della Cina. Una delle numerose conferme arriva dalla lista dei miliardari nel mondo compilata da Hurun Research Institute. Guardando alle città, svela che per la prima volta Mumbai ne ospita più di Pechino: 92 contro 91.
Boom di miliardari in India
La metropoli più popolosa dell’India figura terza nel mondo, dietro solamente a New York (119) e Londra (97). Per la cronaca, non troviamo nessuna europea all’infuori della capitale britannica nelle prime dieci posizioni. Ve ne sono altre tre cinesi – Shanghai (87), Shenzen (84) e Hong Kong (65) – la capitale indiana Nuova Delhi con 57, Mosca con 59 e un’altra città statunitense, cioè San Francisco con 52.
Nel complesso, la Cina rimane di gran lunga patria di miliardari in Asia e nel mondo con ben 814, superando gli stessi Stati Uniti con 800. C’è da dire, tuttavia, che il confronto tra le due economie appare impari, vista la sproporzione tra le rispettive popolazioni: circa 1,4 miliardi di abitanti contro 330 milioni. L’India figura terza con “soli” 271 miliardari. In questa classifica, troviamo ben cinque nazioni europee. L’Italia è ottava con 69, uno in più della Francia e meno della metà dei 140 miliardari ospitati dalla Germania.
Pechino rallenta, Nuova Delhi accelera
Anche in questo caso, comunque, il trend sembra sorridere all’India: +84 in appena un anno, il secondo incremento maggiore dopo gli Stati Uniti (+109). Viceversa, la Cina di miliardari l’anno scorso ne ha persi ben 155. E venendo alla lista delle persone più ricche, proprio due indiani si contendono in Asia il primato: il CEO di Reliance Industries, Mukesh Ambani, accreditato di 110 miliardi di dollari, a tratti scavalcato da Gautam Adami, fondatore e CEO di Adani Group, attualmente sceso a 98 miliardi.
Questi numeri in sé non significano nulla. La Cina resta di gran lunga la seconda economia mondiale dietro agli Stati Uniti con un Pil di 17.520 miliardi di dollari nel 2023. L’India figura molto indietro con 3.737 miliardi. Ma anche stavolta il trend appare incoraggiante per il sub-continente asiatico. Il tasso di crescita atteso per quest’anno è del 6,8% (+8,4% nel quarto trimestre del 2023), mentre la Cina ha fissato come obiettivo “intorno al 5%”. Gli analisti sostengono che l’economia cinese starebbe crescendo anche meno di quanto non dicano le statistiche ufficiali.
Riforme di Modi essenziali per il boom economico
All’inizio dell’anno, poi, vi avevamo dato conto della notizia sulla borsa indiana. Per capitalizzazione aveva superato Hong Kong, salendo a 4.330 miliardi di dollari e al quarto posto nel mondo. Gli ingredienti del successo di Nuova Delhi sono diversi. Il premier Narendra Modi, che in questi mesi punta ad ottenere il terzo mandato di fila alle elezioni politiche tra aprile e giugno, ha varato riforme economiche sin dal suo insediamento al governo nel 2014. Ha aperto l’India ai capitali stranieri, creato un mercato unico con il superamento delle barriere fiscali tra gli stati della federazione e perseguito politiche favorevoli alle imprese.
Il contesto geopolitico aiuta questo immenso paese da 1,4 miliardi di abitanti. L’India è una potenza asiatica con forti ambizioni regionali che la pongono spesso in rotta di collisione con la Cina, ma resta alleata dell’Occidente. I suoi rapporti con la Russia di Vladimir Putin non stanno passando inosservati tra le cancellerie di Europa e Nord America.
India pronta al nuovo secolo
Un ulteriore impulso alla crescita potrebbe arrivare dal recente inserimento dei bond indiani in due indici internazionali: JP Morgan Government Bond Index – Emerging Markets dal prossimo giugno; Emerging Market Local Currency Government Index di Bloomberg dal prossimo gennaio 2025. Capitali per decine di miliardi di dollari affluiranno in favore del debito sovrano dell’India, grazie ai fondi passivi. I rendimenti potranno diminuire e favorire ulteriori investimenti pubblici a sostegno dell’economia. Oltretutto, i due annunci rappresentano un riconoscimento dei passi in avanti compiuti dal paese per andare incontro alle richieste degli investitori stranieri. Modi ha posto le basi per fare dell’India la nuova Cina dei prossimi decenni.