Minimale e massimale contributivo: cosa sono e come incidono sulla pensione

Nel sistema previdenziale italiano, minimo e massimale contributivo influenzano la pensione futura dei lavoratori
1 mese fa
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contributi inps
Foto © Pixabay

Nel sistema previdenziale italiano, i lavoratori hanno l’obbligo di versare contributi per garantire un reddito futuro, rappresentato dalla pensione. Questo meccanismo si basa su due concetti fondamentali: il minimale e il massimale contributivo.

Si tratta di parametri economici che sono, rispettivamente, il reddito minimo e il reddito massimo sui quali sono dovuti i contributi previdenziali obbligatori.

In questo articolo, esploreremo come funzionano e quale impatto hanno sulla vita contributiva dei lavoratori.

Il minimale contributivo: cos’è e come funziona

Il minimale contributivo rappresenta la soglia minima di reddito sulla quale sono obbligatori i versamenti previdenziali.

In sostanza, anche se un lavoratore registra un reddito inferiore a questo limite, è comunque tenuto a versare i contributi previdenziali basati su questo minimo.

Per comprendere meglio, prendiamo come esempio artigiani e commercianti, che sono iscritti alla gestione INPS per queste categorie. Ogni anno, l’INPS stabilisce un importo di reddito minimo sul quale devono essere calcolati i contributi. Se un lavoratore autonomo registra un reddito inferiore a questa soglia, deve comunque versare i contributi sulla cifra minima stabilita. Il versamento è in 4 quote trimestrali annuali. Ad esempio, il 18 novembre scade la terza rata INPS del 2024.

Questo sistema implica che, anche in assenza di guadagni o in presenza di guadagni inferiori al minimo, l’artigiano o il commerciante sarà comunque tenuto a contribuire su un reddito teorico. Di conseguenza, anche un anno con entrate basse o nulle richiede il versamento di contributi fissi.

In fase di dichiarazione dei redditi, il lavoratore verifica poi se il reddito effettivo ha superato il minimo contributivo stabilito. In caso positivo, dovrà calcolare e versare i contributi sulla differenza tra il reddito minimo e quello effettivo. Questa struttura ha lo scopo di garantire che ci sia una base contributiva minima per ogni lavoratore autonomo, offrendo una garanzia pensionistica.

Il massimale: limiti e applicazioni

Il massimale contributivo è la soglia massima di reddito annuo su cui si calcolano i contributi INPS.

Superato questo limite, i contributi previdenziali non sono più obbligatori, poiché la legge italiana esclude la parte eccedente del reddito dal calcolo contributivo. Questa soglia influisce non solo sui versamenti annuali, ma anche sull’ammontare della futura pensione, poiché il reddito eccedente non contribuisce alla crescita del montante previdenziale.

Ad esempio, supponiamo che un lavoratore guadagni 150.000 euro in un anno, mentre il massimo contributivo per lo stesso anno sia fissato a 120.000 euro. In questo caso, i contributi previdenziali saranno calcolati solo sui primi 120.000 euro, ei restanti 30.000 euro non contribuiranno alla pensione futura.

Il massimo contributivo si applica ai lavoratori che hanno iniziato la propria attività lavorativa dopo il 1° gennaio 1996 o che hanno optato per il sistema contributivo puro. Chi invece ha versato contributi prima di questi dati rientra in un sistema misto, che combina le caratteristiche del sistema retributivo (basato sugli ultimi stipendi) e del sistema contributivo (basato sui versamenti effettivi).

Minimale e massimo contributivo: il confronto

Il minimale e il massimale contributivo svolgono funzioni opposte ma complementari all’interno del sistema previdenziale italiano. Il minimo garantisce che ogni lavoratore contribuisca per un reddito minimo, mentre il massimale limita l’obbligo contributivo per chi percepisce redditi elevati. Entrambi questi parametri influenzano il calcolo della pensione futura, sebbene in modi diversi.

  • Impatto sulla pensione: il minimo contributivo permette anche ai lavoratori con redditi bassi o fluttuanti di accumulare contributi pensionistici su un reddito minimo stabilito. Al contrario, il massimale contributivo fissa un limite al reddito che può essere considerato per il calcolo della pensione, influenzando così l’importo finale che verrà percepito al momento del ritiro.
  • Obblighi Contributivi: con il minimo contributivo, il lavoratore è obbligato a versare contributi anche in caso di reddito nullo o inferiore al limite. Il massimale, invece, pone un tetto massimo, oltre il quale i contributi non sono più dovuti.

Riassumendo

  • Il minimo contributivo impone versamenti anche con reddito nullo o sotto il limite minimo.
  • Il massimo contributivo limita i contributi per redditi oltre una soglia prestabilita.
  • Il minimo tutela i lavoratori (e le casse INPS), garantendo una base contributiva minima per la pensione.
  • Il massimo riduce i contributi per redditi elevati, ma limita la pensione futura.
  • Il minimale e massimale contributivo, dunque, incidono molto sulla pensione.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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