Apertura partita Iva con il regime dei minimi. Un connubio inscindibile, ma occhio alla false partite Iva aperte con il regime dei minimi. La riforma del lavoro Fornero sembra non lasciare scampo. Vediamo come.
Apertura partita Iva con i minimi
Volendo fare il punto della questione, è l’art. 2222 del codice civile che a stabilire che si parla di prestazioni d’opera quando una persona, dietro corrispettivo, si impegna a compiere un’opera o un servizio prevalentemente attraverso il proprio lavoro e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.
La riforma Fornero
La legge di riforma del mercato del lavoro promossa dal Ministro Fornero ha stabilito che, in presenza di prestazioni lavorative rese da una persona fisica che ha aperto la partita Iva e che sono considerate in verità, per particolari condizioni, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, lo stesso soggetto, perde il diritto a fruire del regime dei minimi. Quindi apertura partita Iva con il regime dei minimi che in verità è rapporto di lavoro, comporta la decadenza dal regime agevolato e quindi la perdita di tutti i vantaggi ad esso connessi.
Quali sono i vantaggi del regime dei minimi?
Un soggetto che decide per l’apertura della partita Iva con il regime dei minimi ha una serie di vantaggi. Tra questi ricordiamo l’applicazione di un imposta sostitutiva del 5%, per chi ha meno di 35 anni, l’esenzione dalla ritenuta d’acconto, dall’obbligo di tenuta e di registrazione dei documenti contabili previsti dal D.
False partita Iva
Molto frequenti sono i casi di false partita Iva, ossia dell’apertura partita Iva con il regime dei minimi che celano di fatto un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato. Per verificare le false partite Iva aperte con il regime dei minimi, la riforma Fornero introduce delle presunzioni che determinano una sostanziale trasformazione del rapporto lavorativo in una collaborazione a progetto. Tali condizioni o meglio indici presuntivi sono:
– la durata complessiva della collaborazione con lo stesso committente superiore ad 8 mesi annui per due anni consecutivi;
– il corrispettivo percepito per la collaborazione superiore all’80% di quelli complessivamente conseguiti nell’arco di due anni solari consecutivi;
– la disponibilità da parte del collaboratore di una postazione di lavoro fissa in una delle sedi del committente.
Occorre precisare che la ricorrenza dei primi due requisiti deve essere verificata al termine del biennio, dopo che di fatto il contribuente ha fruito del regime dei minimi.