Sono settimane movimentate per il Superbonus, oggetto di strali della Ragioneria di stato. Bocciata l’ipotesi di estenderlo alle imprese con Industria 4.0, il Gruppo della Moneta Fiscale fiuta il rischio che l’Europa cancelli la cedibilità dei crediti fiscali. Sul tema abbiamo intervistato uno dei quattro componenti: Stefano Sylos Labini, figlio di Paolo, uno dei più celebri economisti italiani del Secondo Dopoguerra e scomparso nel 2005.
- Salve, ci spiega quali sarebbero gli obiettivi del Gruppo della Moneta Fiscale?
Puntiamo a mettere in circolazione un mezzo di pagamento ad accettazione volontaria, che non porrebbe in discussione l’euro e darebbe ossigeno all’economia italiana, attraverso la spinta ai consumi e alla produzione.
- Sì, ma non sarebbe uno strumento in deficit?
E’ vero, ci sarebbero minori entrate future. Almeno in teoria, perché nella pratica potrebbe non essere così. Uno studio di Mediobanca nel 2015 ci conforta in tal senso. Esso ha trovato che la moneta fiscale finirebbe per autofinanziarsi nel tempo.
- Ok, ma in un certo senso lo si potrebbe dire di qualsiasi manovra fiscale espansiva
Certo, ma qui abbiamo la differenza che non chiediamo prestiti sui mercati e non dovremmo restituire denaro. Si crea deficit ex post con gli sconti fiscali, i quali sarebbero esercitabili dopo un certo lasso di tempo. Questo meccanismo consentirebbe intanto all’economia di espandersi e, quindi, l’impatto sui conti pubblici non ci sarebbe o sarebbe minimo.
- Sì, ma ci spieghi a fronte di cosa lo stato emetterebbe moneta fiscale. Perché la riceverebbe Luigi Bianchi e non Mario Rossi?
Sarebbero detrazioni a fronte di investimenti, come sta avvenendo in questa fase con il Superbonus e, più in generale, con i bonus edilizi; ma anche a fronte di lavori pubblici. La nostra idea, ad esempio, sarebbe di finanziarne alcuni più urgenti per il 65% con il meccanismo della moneta fiscale.
- E non ci sarebbe il rischio che i mercati finanziari vedano malissimo che uno stato indebitato per il 160% del PIL emetta nuovo debito “mascherato”?
Il rischio esiste. Per questo pensiamo che l’operazione debba essere spiegata bene. Nella nostra proposta, esisterebbe una clausola di salvaguardia. In pratica, noi diciamo che la moneta fiscale non impatta sui conti pubblici. Tuttavia, se così dovesse essere, lo stato automaticamente s’impegnerebbe a colmare il deficit provocato da essa. In questo modo, i mercati capirebbero.
- Funzionerebbe?
Guardi, dai nostri studi emerge che una moneta fiscale avrebbe una velocità di circolazione di 10 volte superiore all’euro. E ciò significa che stimolerebbe fortemente i consumi e la produzione.
- Per contro surriscalderebbe troppo l’inflazione
Esiste anche questo rischio, ma al momento il problema principale consiste nel fallimento delle imprese. Per non parlare del sistema bancario, che con i crediti incagliati potrebbe saltare in aria. E, poi, ci sarebbero alcuni accorgimenti per evitarlo, come tenere i salari sotto controllo.
- Non è che va a finire che ci guadagnino solamente o principalmente le banche con il meccanismo dello sconto?
A tale proposito, il problema si risolve frazionando la moneta fiscale a pezzi minimi di 1 centesimo, così da ridurre al minimo la necessità di andare in banca per scambiare con gli euro.
- E Draghi, che da governatore della BCE avvertì la Grecia di Tsipras-Varoufakis di non azzardarsi a introdurre una moneta parallela, secondo Lei accetterebbe mai una simile iniziativa?
Effettivamente, con Draghi stiamo riscontrando enorme resistenze al meccanismo della cedibilità dei crediti fiscali.
- A proposito, la Ragioneria di stato ha bocciato il Superbonus per le imprese, adducendo come motivazione proprio che rischi di diventare incompatibile per i criteri di Eurostat
Allo stato attuale, la cedibilità dei crediti fiscali non comporta formalmente alcun aumento del debito pubblico. Tuttavia, la Ragioneria di stato ha spiegato che in futuro potrebbe essere così, a seguito di una revisione dei criteri di Eurostat. Ebbene, fino ad allora ha di fatto ammesso che non sarebbe una violazione delle regole fiscali europee. Ma ad essere discutibile è l’approccio contabile che a Roma stanno avendo su misure come il Superbonus. Il Ministero dell’Economia ha accantonato 18,5 miliardi di euro dal Recovery Fund, caricandolo su un solo anno. Ma non è così. Faccio un esempio: se entro quest’anno riusciremo a smuovere 4 miliardi di euro in ristrutturazioni con il Superbonus, sul 2021 la perdita di gettito fiscale per lo stato sarebbe di un quinto, cioè di appena 800 milioni. Questo è dovuto al fatto che le detrazioni siano spalmante in 5 anni.
Pertanto, quando la Ragioneria di stato lamenta che i 24 miliardi richiesti per Industria 4.0 colpirebbero eccessivamente i conti pubblici, non tiene conto che solo per un quinto all’anno la cifra graverebbe effettivamente sulle casse statali. E le dirò di più: qui stiamo ragionando come se il moltiplicatore fiscale non esistesse. Come già spiegato pocanzi, la misura almeno in grossa parte si autofinanzierebbe. Emerge in questi mesi dalle analisi sul Superbonus nel lungo periodo.
- Ho letto che il Gruppo della Moneta Fiscale sta trovando sostegno tra le banche
Sì, il sistema bancario è favorevole alla cedibilità dei crediti. Ma anche Confindustria appoggia queste misure, così come l’ANCE. Tutto il mondo produttivo è schierato a favore. Speriamo che riescano a fare la giusta pressione sui partiti. Poi, però, ci ritroviamo un blocco composto da Ragioneria di stato, Tesoro e Banca d’Italia. Per questo invitiamo il governo a reagire ad eventuali pressioni ricevute dall’Europa.
- E quindi?
Dobbiamo trovare necessariamente alternative di finanziamento per lo stato. Ho letto su Il Sole 24 Ore un intervento di Federico Fubini, che spiegava come l’Europa ci chiederà conto di ogni euro stanziato con il Recovery Fund. Questo conferma che i fondi europei non saranno la soluzione, la moneta fiscale sì.