Firenze, 3 Aprile 2017. Lo scorso 27 Marzo sul blog di Beppe Grillo è stato pubblicato un post contenente la proposta di Moneta Fiscale come terza via fra le politiche di austerity e l’uscita dall’Euro.
Il 29 Marzo questa proposta è stata rilanciata in TV nientepopodimeno che da Luigi Di Maio nella trasmissione di Bianca Bellinguer Cartabianca, con tanto di ennesima gaffe sul compianto e grandissimo sociologo del lavoro Luciano Gallino che è stato ribattezzato per l’occasione da Di Maio psicologo storpiandogli pure il cognome… ma questo è colore.
La proposta (che ha raccolto circa 100.000 “mi piace” sul blog di Grillo) ha prodotto molte reazioni sui media. Molte di quelle più critiche (lo si può ascoltare anche dai commenti di Ferruccio de Bortoli nella già citata trasmissione televisiva) sottendono, in modo più o meno esplicito, questa considerazione: si tratta di un infantile trucco contabile perché non si può sostituire con i “soldi del monopoli” i soldi “veri”.
De Bortoli, nella trasmissione di cui sopra, dice che sarebbe “una sorta di grande ticket restaurant, poi alla fine qualcuno deve pagare, qualcuno deve tirare fuori delle monete vere”. Massimo Giannini, su Repubblica , scrive in modo sprezzante: “La “moneta fiscale”, moneta virtuale, tipo Monopoli. Che non sostituisce più l’euro (quindi niente più referendum confermativo?) ma lo affianca e lo accompagna. Dove? Ma che domande! Nell’abisso, naturalmente. E noi dietro a lui.” Naturalmente, Giannini scrive queste “verità” senza dare alcuna spiegazione, poiché essendo – secondo lui – la moneta fiscale “tipo Monopoli” è del tutto superfluo soffermarsi a spiegare perché non possa che portare “nell’abisso”.
Ci sono state diverse altre reazioni di questo tipo in rete.
Giuseppe Turani, a caldo, ha pubblicato un articolo che ridicoleggia la proposta mostrando di non conoscerla minimamente sostenendo che in pratica si vorrebbe distribuire soldi gratis a tutti in quantità illimitate.
Naturalmente ci sono stati anche numerosi articoli più descrittivi ed imparziali ed alcune prese di posizione politiche, al momento minoritarie (tipo quelli di alcuni esponenti della Lega o della sinistra estrema) che hanno mostrato interesse per la proposta.
Su questo sito abbiamo appoggiato la proposta dei CCF (certificati di credito fiscale) prima che la rivista politica MicroMega l’appoggiasse anche grazie alla gentilezza di Marco Cattaneo, uno degli autori della proposta, che ci ha inviato in anteprima copia del primo libro che illustrava la proposta. Prima ancora dell’appoggio alla proposta dei CCF, sempre sul web di Aduc, avevamo fatto proposte simili di soluzione monetarie alla Grande Crisi Globale dalla quale l’Italia non è ancora uscita (solo per citare un articolo fra i tanti, clicca qui). Questo per mettere subito le cose in chiaro su quale sia la nostra posizione rispetto a questa proposta.
Moneta fiscale: non una proposta del Movimento 5 Stelle
E importante sottolineare che se è vero che il Movimento 5 Stelle ha fatto propria la proposta della moneta fiscale, questa non nasce affatto all’interno del Movimento 5 Stelle. Si tratta di una proposta che è stata formulata in Italia per la prima volta da un gruppo di studiosi, alcuni dei quali “di peso” come Bossone, Ortone e Gallino. Il gruppo completo con i curriculum possono essere letti sul sito ufficiale della proposta.
Dal punto di vista culturale, la proposta s’inserisce nell’ambito di un movimento internazionale, l’International Movement for Monetary Reform che individua nell’attuale sistema di creazione della moneta la radice dei problemi economici.
Questo movimento nasce in Inghilterra dal movimento Positive Money e si sta diffondendo in molte parti del mondo. Nella vicina Svizzera, ad esempio, la VollGeld sta promuovendo un referendum che dovrebbe essere votato quest’anno o al massimo nel 2018 .
Il fatto che la proposta sia stata appoggiata dal Movimento 5 Stelle, il quale raccoglie così tanti consensi nel Paese da diventare probabilmente la prima forza politica alle prossime elezioni, da una parte è un fatto positivo, quantomeno perché favorisce il dibattito sulla proposta, dall’altra rischia di scatenare una serie di reazioni preconcette, assimilando magari questa proposta alle tante altrettante poco fondate che in passato sono state fatte dalla stessa parte politica.
La proposta di moneta fiscale, al contrario, è una proposta seria e fondata su seri studi. Se realizzata correttamente, potrebbe portare enormi vantaggi alla nostra economia. Come vedremo, il problema è che serve molta competenzaper realizzarla correttamente.
La proposta in estrema sintesi
Coloro che sono interessati (speriamo molti) a leggere i dettagli della proposta possono andare direttamente sul sito dove è illustrata con dovizia di particolare, oppure andare sul sito di Moneta Positiva nel quale è stata formulata una rielaborazione della proposta dei Certificati di Credito Fiscale, denominata “SIRE – SIstema di Riduzione Erariale”. In sostanza sono la stessa cosa, con piccole differenze.
La proposta prevede che lo Stato distribuisca un certo quantitativo di Crediti Fiscali usufruibili per pagare le tasse dopo una certa scadenza (nella formulazione attuale si propone 2 anni). Il fatto che non siano immediatamente utilizzabili per ridurre le tasse è un elemento centrale della proposta e lo spiegheremo in un apposito paragrafo. Nel frattempo questi certificati possono (e devono, affinché la proposta funzioni) essere utilizzati come strumento di pagamento.
Questi Certificati, poiché sono anche una moneta, sebbene non a corso forzoso bensì su base volontaria, sono un modo per aumentare la disponibilità di spesa delle persone e delle aziende.
Soldi “veri” e soldi del monopoli
I primi detrattori di questa proposta, probabilmente non conoscendo il funzionamento del sistema monetario, hanno visto in questo meccanismo una sorta di “trucco contabile”, un modo un po’ infantile di tirar fuori del “denaro finto”, dei “soldi del monopoli”, per far fronte alla mancanza di denaro “vero”. La prima reazione che si ha ad una proposta del genere è: “sarebbe troppo bello poter creare moneta dal nulla, prima o poi qualcuno dovrà tirare fuori i soldi veri”.
In primo luogo è necessario capire cosa sono, veramente, i “soldi veri”.
Tutti noi, paghiamo i beni e servizi di cui usufruiamo con tre tipologie di denaro: le monete, le banconote, e la moneta scritturale. Per moneta scritturale s’intende i soldi sui conti correnti che si muovono da un conto corrente all’altro attraverso bonifici, carte di credito e simili senza mai trasformasi né in banconote né in monete.
Le monete metalliche le emette lo Stato, dal nulla, le banconote la BCE, sempre dal nulla, e la moneta scritturale è emessa dalle banche… dal nulla. La moneta scritturale si crea attraverso la creazione del debito, cioè quando le imprese ed i privati vanno in banca a chiedere soldi in prestito. Le banche devono possedere solo una frazione minimale dei soldi che prestano, la quasi totalità della moneta scritturale che mettono a disposizione nei conti correnti dei loro clienti non è coperta da nessuna attività, sono semplicemente dei bit accessi in qualche computer. La moneta scritturale rappresenta oltre il 90% della moneta in circolazione.
Si tratta, a tutti gli effetti, di “moneta virtuale”, creata dal nulla. Sono esattamente come “soldi del monopoli” al quale però tutti riconosciamo valore semplicemente perché esistono leggi e convenzioni sociali che ne assicurano l’utilizzo.
Giornalisti come De Bortoli, Giannini e Turani dovrebbero sapere che già oggi, tutti noi, utilizziamo comunemente del denaro che è esclusivamente virtuale e non basato su nient’altro che su promesse di pagamento fatte da banche (di solito private e soggette a bail-in). Nel caso della moneta fiscale, questa promessa di pagamento è, quantomeno, fatta dalla Stato sotto forma di sconto sul pagamento delle tasse future, che – come è noto – sono certe come la morte.
Le persone, in genere, non sanno che il denaro oggi non ha alcun valore intrinseco (cioè non è “coperto” da nessun bene materiale) ed è comunemente accettato semplicemente perché le persone hanno fiducia nel fatto che tutti lo accettano.
Questa fiducia nasce dal fatto che lo Stato impone il pagamento delle tasse in quella moneta.
L’Euro, nella zona Euro, è la moneta che ha corso legale. Ciò significa che giuridicamente un pagamento in Euro è in grado di estinguere una obbligazione monetaria. Lo stato può benissimo decidere che le tasse vengono saldate anche attraverso un altro mezzo di scabio ed è più che ragionevole attendersi che questo altro mezzo di scambio possa circolare come fa l’Euro (a patto che tutto il circuito sia ben progettato).
Il moltiplicatore Keynesiano: il cuore della proposta
La macroeconomia è utilissima ma ha un grande problema: è controintuitiva. Ciò che vale nella microeconomia, cioè nell’economia che noi viviamo tutti i giorni, può non valere, e talvolta vale l’opposto se parliamo dei macroeconomia, cioè della somma di tutti i comportamenti economici individuali. Il risparmio, ad esempio, è un comportamento sano, razionale ed utile a livello individuale, ma a livello collettivo diventa una sciagura se tutti lo fanno oltre un certo livello. La spesa a debito è sconsigliabile e può portare alla rovina i singoli agenti economici, se fatta oltre un certo livello, e può invece essere una cosa consigliabile ed utilissima se fatta a livello aggregato (sempre entro un certo livello).
Il moltiplicatore keynesiano è uno di quei concetti macroeconomici che non si intuiscono facilmente. Cerchiamo di semplificare il più possibile la cosa perché si tratta del concetto chiave attorno al quale ruota tutta la proposta di moneta fiscale ed è fondamentale che sia compreso, altirmenti la ridicolizzazione della proposta trova terreno fertile, per pura ignoranza.
Immaginiamo che lo Stato immetta 100 miliardi di nuova moneta, distribuendoli direttamente a cittadini e imprese. Se questi 100 miliardi venissero spesi interamente, il PIL (Prodotto Interno Lordo) della nazione aumenterebbe di 100 miliardi, giusto? No! Sbagliato. A causa del moltiplicatore keynesiano è ragionevole attendersi che il PIL della nazione aumenti molto di più perché con i 100 miliardi spesi andrebbero ad aziende e persone che, a loro volta, li userebbero per acquistare altri beni e servizi e così via. In altre parole una nuova quantità di moneta immessa in un sistema economico produce un aumento del PIL in proporzione alla circolazione della moneta stessa.
Se la moneta circola tante volte, il PIL può crescere di tre o quattro volte la quantità di moneta immessa (potenzialmente anche di più, ci sono da considerare diversi fattori, quella qui proposta è necessariamente una grande semplificazione). Poiché la quantità di tasse che lo Stato incamera è direttamente proporzionale al nostro PIL, è facile comprendere che se 100 miliardi di moneta fiscale generano 300 miliardi di PIL in più fra due anni, lo Stato non avrebbe alcun problema, fra due anni, a far fronte a 100 miliardi di minori entrate.
La scommessa, quindi, sta tutta nella circolazione della moneta fiscale. La moneta fiscale è un’ottima idea, ma solo se circola velocemente. Altrimenti potrebbe risultare un grande fallimento.
Gli studi fatti sulla proposta dei Certificati di Credito Fiscale hanno ipotizzato, in modo conservativo, un moltiplicatore Keynesiano di 1,3.
Allora possiamo stampare tutta la moneta che vogliamo?
Chiaramente non possiamo emettere Moneta Fiscale (né moneta di nessun tipo) in modo illimitato. Esistono degli equilibri macroeconomici che devono essere rispettati. Sul piano concettuale la moneta deve cresce ogni anno in misura corrispondente alla capacità di produzione dei beni e servizi di una nazione. In sostanza ci deve essere un equilibrio fra la capacità produttiva di una nazione e la quantità di moneta in circolazione per scambiare questi beni e servizi. Le cose poi si complicano ulteriormente poiché dobbiamo tenere in considerazione il commercio internazionale. Come ci ricorda Orazio: “Est modus in rebus, sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum”. Quindi come per tutte le cose esistono dei limiti anche per la quantità di moneta fiscale che è utile emettere.
Il problema di questa nazione è che noi abbiamo una carenza drammatica di moneta a disposizione, specialmente fra le fasce più disagiate. Abbiamo una capacità produttiva ancora largamente sotto utilizzata. Gli economisti che hanno studiato e diffuso la prima posta di moneta fiscale hanno valutato che potremmo emettere 100 miliardi il primo anno e 200 miliardi il secondo.
Purtroppo, molti anni di crisi hanno distrutto una significativa capacità produttiva. Il tempo che abbiamo buttato via (e stiamo continuando a buttar via) ci sta costando molto, più tardi adotteremo soluzioni come la moneta fiscale e più tempo ci vorrà per tornare ai livelli di PIL precedenti (e più lenta dovrà essere la manovra).
In sintesi, non possiamo “stampare” tutta la moneta che vogliamo, ma abbiamo margini molto ampi per ancora diversi anni.
Come realizzare la proposta: il vero problema
Che la proposta di moneta fiscale sia ottima, è chiaro a chiunque l’analizzi in modo approfondito e senza preconcetti o interessi di parte da preservare.
Il problema è che si tratta di una proposta di non agevole realizzazione tecnica. Se viene realizzata in modo approssimato le probabilità di insuccesso sono elevate.
Il cuore della proposta, come abbiamo visto, consiste nella circolazione della moneta fiscale.
La proposta funziona solo ed esclusivamente se i cittadini utilizzano veramente questa moneta per i loro acquisti quotidiani.
Affinché questo si realizzi è necessario, in primo luogo, che lo Stato realizzi, parallelamente all’emissione della moneta fiscale una infrastruttura informatica attraverso la quale far circolare tutti i pagamenti (compresi i micropagamenti). Ogni cittadino con codice fiscale dovrebbe avere un conto in moneta fiscale e un portafoglio elettronico che consenta di scambiare i pagamenti.
Diversamente da quanto proposto da altre elaborazioni di questa proposta, è fondamentale che sia scoraggiata la conversione fra moneta fiscale ed euro (almeno fino alla scadenza dei certificati) e sia invece incentivato l’utilizzo, anche attraverso sottili, ma potenti, meccanismi di interesse negativo e commissioni positive. Sarebbe sbagliatissimo, ad esempio, assegnare degli interessi positivi sui conti fiscali (come nella proposta dei SIRE di Moneta Positiva).
Facciamo un esempio per comprendere quale meccanismi di disincentivo all’accumulo e incentivo all’utilizzo si potrebbero pensare.
Sappiamo che la Moneta Fiscale ha un valore nominale in emissione e viene assegnata gratuitamente ad imprese e cittadini. Immaginiamo che ad un’impresa vengano assegnati 10.000 monete fiscali che potranno essere utilizzate fra due anni per saldare i propri debiti fiscali.
Questa impresa dovrebbe avere un conto nel quale potrà vedere due saldi: il saldo con il valore che può spendere (il valore nominale) ed un saldo con il valore, ad oggi, che potrà compensare con tasse ad una determinata scadenza (fra due anni). Questo secondo valore dovrà diminuire di mese in mese in modo incrementale. Il primo mese potrebbe diminuire dell’1%, il secondo mese, dell’1,1%, il terzo mese dell’1,3% ecc. fino al 24 esimo mese che diminuirebbe del 3,3%. Se l’impresa spende i suoi 10.000 crediti fiscali può acquistare beni e servizi per il valore di 10.000 euro, ma se non li spende ed aspetta i due anni potrà compensare solo con meno di 6.000 euro di tasse. Al tempo stesso è utile e necessario fare in modo che l’azienda che accetta la moneta fiscale come pagamento abbia un vantaggio. Si potrebbe prevedere, quindi, che ogni volta che un’azienda riceve in pagamento della moneta fiscale si veda accreditato sul conto un importo maggiorato di una percentuale che è
funzione del tempo che manca per la convertibilità in credito fiscale. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che all’inizio questa maggiorazione potrebbe essere nell’ordine del 5% per poi diminuire gradualmente fino a scomparire. Questa maggiorazione sarebbe a carico dello Stato che emetterebbe in questo modo altra moneta fiscale. Naturalmente, chi riceve i crediti fiscali in pagamento vedrà azzerato il meccanismo di decurtazione del potere di credito che aveva il precedente possessore e il meccanismo di decurtazione inizierà di nuovo per lui dall’1% del primo mese in cui l’ha ricevuta.
Questo meccanismo è studiato per incentivare la circolazione di questa moneta fiscale.
Conviene spenderla, al posto degli euro, sia a chi la riceve, sia a chi la spende.
A prima vista tutto questo sempra inutilmente “complicato”. Il tasso d’interesse composto che usiamo normalmente è “complicato” per la grande maggioranza delle persone. E’ dimostrato che è una minoranza delle persone che comprendono il funzionamento dell’interesse composto. Ciò non toglie che la forza dell’interesse composto modifica i comportamenti delle persone. Allo stesso modo, non è necessario che le persone comprendano fin nei dettagli il meccanismo di funzionamento di questo sistema d’incentivo/disincentivo. E’ sufficiente che vedano scritto sul loro conto che ad una certa data, se spendono la moneta fiscale possono acquistare per un controvalore di X, se aspettano per compensare quel valore in tassi, invece, possono farlo per un controvalore sempre più inferiore, questo lo capiscono tutti.
Creare i presupposti affinché questo strumento di pagamento sia diffuso non è affatto banale. I software per fare tutto questo dovrebbero essere fatti in modo che siano affidabili, facili da utilizzare ed efficaci. Non è affatto scontato che lo Stato riesca a fare tutto questo in modo rapido ed efficace. Se guardiamo ad esperienze in qualche modo paragonabili del passato (ad esempio il bonus cultura, la carta sociale, ecc.) possiamo vedere come le prime esperienze siano state quantomeno molto problematiche, per usare un eufemismo.
Attualmente nel Governo c’è un team per la trasformazione della pubblica amministrazione fatto da persone molto competenti. Ci sarebbe da auspicare che questo fosse il primo progetto al quale queste menti sicuramente preparate ed intelligenti si potrebbero dedicare.
Il successo della moneta fiscale si basa esclusivamente sull’utilizzo volontario dei cittadini (ricordiamoci che non è una moneta a corso forzoso).
Un secondo strumento che lo Stato dovrebbe mettere in campo per stimolare l’uso della moneta fiscale è quello di servirsi del Monte dei Paschi di Siena e delle altre banche che prima o poi verranno nazionalizzate, come le banche Venete, per sviluppare servizi bancari di supporto all’utilizzo della moneta fiscale. Si dovrebbe pensare a finanziamenti in moneta fiscale, senza interessi, ma solo con commissioni, in moneta fiscale, basati sul principio della stanza di compensazione commrciale (una sorta di Sardex esteso su base nazionale, per chi conosce queste cose). Ci sarebbe un sito nazionale nel quale sono indicati tutti i soggetti fiscali che hanno aderito al circuito impegnandosi ad accettare pagamenti in moneta fiscale (anche in forma parziale, ad esempio, il 50% in moneta fiscale ed il resto in Euro). Questi accettatori dovrebbe avere vantaggi fiscali aggiuntivi collegati al fatto che s’impegnano per un determinato tempo (potrebbe essere un anno rinnovabile) ad utilizzare la
moneta fiscale. Le banche nazionalizzate dovrebbero anche fornire strumenti, finanziari (ma non solo) per aiutare le aziende che hanno fabbisogni finanziari in Euro. In primo luogo si dovrebbero aiutare queste aziene a cercare fornitori all’interno del circuito di accettatori in moneta fiscale e per la parte (tipicamente l’accesso alle materie prime derivanti dall’estero) si dovrebbero fornire finanziamenti in Euro coperti da moneta fiscale. I molti bancari che di fatto sono in esubero diventerebbero così una sorta di promotori degli scambi all’interno del circuito nazionale, ricevendo anche commissioni sugli scambi.
Conclusioni
La proposta di moneta fiscale, se fosse portata a conoscenza senza distorsioni alla maggioranza delle persone, riscuoterebbe un enorme successo. E’ uno strumento tecnico per ridare fiato all’economia. Tecnicamente ineccepibile.
Qualora le prime applicazioni pratiche fossero problematiche, magari per la resistenza passiva delle banche, per incapacità pratica di chi l’ha realizzata, ecc. il rischio che un’ottima idea si trasformi in una pessima ed inefficace esecuzione è molto forte.
Non basta fare la moneta fiscale, è necessario – come ho cercato di accennare – creare attorno ad essa tutta una infrastruttura affinché si sviluppi il circuito nel quale la moneta fiscale circola in modo molto fluido. Ci sono tutti gli strumenti per realizzare questa infrastruttura, ma serve capacità politica, organizzativa e tecnica.
Per questa ragione sarebbe auspicabile che questa proposta fosse sottratta al solito teatrino della politica, nel quale una serie di persone totalmente incompetenti della materia prendono posizioni preconcette, una opposta all’altra, solo per tentare di accaparrare consenso.
Il modo più intelligente che le attuali forze politiche di maggioranza potrebbero avere per sottrarre all’attuale opposizione questa formidabile “arma” per la campagna elettorale, sarebbe semplicemente quella di realizzarla immediatamente o quantomeno iniziare a predisporla.
Anche nel centrodestra Berlusconi ha dichiarato di avere in mente un progetto per una doppia circolazione monetaria. La Lega sembra interessata così come la sinistra di opposizione (Fassina). Ci potrebbero, quindi, essere gli spazi politici affinché non si faccia di questo progetto una questione di parte politica, ma si studino invece i dettagli della realizzazione che sono assolutamente fondamentali per la sua efficacia.
L’idea è ottima, ma tutto dipende da come verrà realizzata.
Alessandro Pedone, responsabile Aduc Tutela del Risparmio
COMUNICATO STAMPA DELL’ADUC