Il rischio di tornare ai tempi bui dell’iperinflazione aumenta ogni giorno di più. Alla fine del 2008, i prezzi al consumo risultarono cresciuti del 250.000.000% su base annua. Poco dopo, la Reserve Bank of Zimbabwe arrivò a stampare banconote da 1.000 miliardi di dollari locali. Tuttavia, smise successivamente di battere moneta per adottare l’uso di valute straniere per gli scambi interni e con l’estero, tra cui principalmente dollari USA, rand sudafricani, euro, sterline e rupie indiane. Per evitare di far rivivere tale scenario horror ai 15 milioni di abitanti, il governatore John Mangudya ha comunicato questa settimana che inizierà ad emettere monete d’oro a partire dal 25 luglio.
Monete d’oro per battere l’inflazione
Secondo l’istituto, le monete d’oro serviranno come riserva di valore e potranno essere convertiti in denaro contante, nonché essere utilizzati per erogare e ricevere prestiti. Saranno denominati in dollari locali, americani e altre valute. Il loro valore sarà basato sui prezzi internazionali dell’oro. Nei giorni scorsi, la Reserve Bank aveva alzato i tassi d’interesse dall’80% al 200%, il livello più alto al mondo. D’altra parte, l’inflazione è esplosa a quasi il 162%, sostenuta dal collasso del cambio. La moneta locale reintrodotta nel 2019 ha perso in tre anni contro il dollaro USA il 99% del valore.
Tra le altre misure varate per contrastare l’inflazione, la conversione coattiva dei ricavi in valute estere delle aziende per il 25% dopo che restino inutilizzati per almeno 120 giorni. Ma la pietra miliare di questa battaglia saranno per l’appunto le monete d’oro. Poiché il metallo assegnerebbe al mezzo di scambio valore intrinseco, si spera che la velocità di circolazione si riduca e che ciò freni la corsa dei prezzi. L’auspicio forse sarebbe di riuscire a frenare la caduta del cambio, un po’ come la Russia di questi mesi con l’aggancio del rublo all’oro in una prima fase dopo l’invasione dell’Ucraina.
Ma il primo limite sarà dato proprio dal valore di tali monete d’oro. I “Mosi oa-Tuny”, dal nome delle Cascate Victoria, saranno emessi con un valore nominale che rispecchierà il prezzo del metallo. Attualmente, un grammo vale sui 57 dollari, che risulta essere scarsamente alla portata di una popolazione con un PIL pro-capite di appena 1.000 dollari. C’è il rischio, insomma, che il nuovo mezzo di pagamento e di riserva di valore non riesca ad attecchire, malgrado la possibile fiducia che gli verrebbe riposta dai cittadini.
Granaio d’Africa rimasto senza grano
Lo Zimbabwe è stato gestito dall’inizio degli anni Ottanta come un’economia socialista sotto la dittatura di Robert Mugabe, al potere fino al 2017. Un tempo “granaio d’Africa”, da molti anni non è più in grado neppure di provvedere al proprio sostentamento alimentare. L’inizio dei guai seri si ebbe nei primi anni Duemila, quando furono espropriati migliaia di proprietari terrieri bianchi per assegnare gli appezzamenti alla maggioranza nera, la quale non disponeva di conoscenze ed esperienze gestionali nel settore agricolo. La produzione crollò, i prezzi esplosero e, soprattutto, la fiducia degli investitori esteri svanì del tutto.
Il successore di Mugabe, Emmerson Mnangagwa, malgrado le promesse iniziali, non è riuscito a rilanciare l’economia domestica e ad attirare i capitali esteri. Al contrario, ha disilluso persino la popolazione locale, che nel giro di breve tempo si è ritrovata a pagare con banconote dal valore calante. Le monete d’oro sono solo l’ultimo espediente per cercare di recuperare la fiducia perduta, anche se con ogni probabilità non basteranno.