Euribor, addio. Dopo 20 anni dalla sua entrata in vigore, a partire dall’ottobre del 2019 il riferimento per i mutui a tasso variabile nell’Eurozona andrà in pensione. Al suo posto, ci sarà Ester. Il via libera dell’Europarlamento è arrivato in questi giorni e la novità avrà effetti su un mercato dei mutui da 1.000 miliardi di euro, qualcosa come circa l’8% del pil dell’area. L’obiettivo della svolta sarebbe di garantire maggiore trasparenza al mercato. Il timore dei mutuatari, tuttavia, è che si tratti di cambiare le carte in tavola a gioco iniziato per aumentare l’importo delle rate.
Mercato immobiliare in ripresa con mutui a tassi minimi, i prezzi delle case salgono dopo 7 anni
Cosa succede oggi? L’Euribor, da 1 settimana a 12 mesi, viene fissato giornalmente sulla base dei tassi medi praticati sui prestiti tra 20 banche europee, tra cui le italiane Unicredit, Intesa-Sanpaolo e Monte Paschi di Siena. Negli anni scorsi, le indagini hanno portato a galla pratiche scorrette e illegali di 7 banche, tra cui Deutsche Bank, tese ad aumentare il costo a carico dei clienti. Aldilà di questi aspetti più prettamente giudiziari, vi sono considerazioni economiche serie per optare per un cambiamento. Sin dal febbraio del 2015, a metà tra l’annuncio ufficiale della BCE sul varo del “quantitative easing” e l’inizio della sua attuazione, l’Euribor a 1 mese è sceso sottozero e da circa due anni e mezzi sosta ai minimi storici, ossia in area -0,36/-0,37%.
I mutuatari a tasso variabile saranno felici senz’altro di godere di rate stabili e praticamente mai così basse, ma il punto è capire se davvero questo grafico piatto dell’Euribor abbia un senso economico.
Perché cambiare l’Euribor?
Quale sarebbe l’obiettivo dichiarato del nuovo Euribor? Trasparenza, stabilità e tassi in linea con le reali condizioni del mercato dei mutui. Ora, con riguardo alla stabilità, in questi anni ne abbiamo avuta fin troppa, anche se non è sempre stato così. Nei periodi di tensione, ad esempio, in assenza del supporto alla liquidità da parte della BCE, i tassi hanno fluttuato anche piuttosto violentemente di seduta in seduta, colpendo le rate dei mutui aggiornate nello specifico giorno. Un esempio? Quando a metà settembre del 2008, il mondo scoprì attonito del fallimento di Lehman Brothers, l’Euribor a 1 mese schizzò intorno al 5,70%, un valore decisamente superiore alla media mensile del 4,68% e persino dell’apice del 4,95% toccato il mese successivo. Dunque, chi ebbe la sfortuna di vedersi rivista la rata del mutuo proprio quel giorno dovette sborsare anche diverse decine di euro in più quel mese, mentre se la fissazione fosse avvenuta prendendo a riferimento la media dei tassi di tutto settembre, tale aggravio non sarebbe avvenuto, se non marginalmente.
Detto ciò, non possiamo ignorare il rischio che la manovra in corso sia sostanzialmente dovuta alle pressioni delle banche sulle istituzioni comunitarie, affinché consentano loro di rivedere al rialzo i tassi sui mutui senza formalmente violare i contratti.
Mutui, tassi e spread: i segnali che arrivano dalle banche
Per fortuna, i mutuatari posseggono un’arma potente per difendersi contro il rischio di fregature: i piedi. Basta girare i tacchi, se la banca ti alza il tasso repentinamente per adeguarsi al nuovo Euribor. Come? Portando il mutuo da un’altra parte, nel caso in cui lo stesso istituto non ti consenta di rinegoziarlo o di passare al tasso fisso. Al momento, le rilevazioni di MutuiOnline.it vedono le nuove erogazioni all’89% con il tasso fisso, una percentuale nettamente superiore alla media storica e siderale rispetto al 60% di erogazioni a tasso variabili del 2014. Come mai? Due le spiegazioni più convincenti: gli italiani si premurano a tutelarsi dal rialzo atteso dei tassi e al contempo nutrono paure sul loro futuro.
Tasso fisso veramente conveniente?
Davvero conviene il tasso fisso? La risposta è quanto mai incerta. Se è vero che i tassi siano ai minimi storici e che d’ora in avanti non potranno che salire, è altrettanto indubbio che il ritmo con cui lieviteranno nei prossimi mesi e anni non dovrebbe essere così veloce come si crede. Anzitutto, perché esso dipende dalla politica monetaria della BCE, che si accinge sì a cessare gli acquisti dei bond con il “quantitative easing”, ma non starebbe di certo correndo ad alzare i tassi, previsti dal mercato stabili ancora forse per tutto l’anno prossimo.
Se Francoforte iniziasse ad alzare i tassi al ritmo di 25 punti base ogni due riunioni del board dalla fine dell’anno prossimo, al dicembre 2020 saremmo al 1% e 12 mesi dopo al 2%. Si tratta di previsioni ad oggi irrealistiche e, in ogni caso, bisogna mettere in conto che per allora saranno passati due anni (senza contare i quattro già alle spalle e durante i quali gli italiani hanno voltato le spalle al variabile), nel corso dei quali le rate pagate con il mutuo a tasso variabile saranno risultate più basse di quelle sostenute con il mutuo a tasso fisso. Tenete conto che le variazioni dell’Euribor tendono ad incidere maggiormente sulle rate dei primi anni, quelli in cui la quota degli interessi è relativamente elevata. Con il procedere dell’ammortamento, le rate sono composte da quote di capitale crescenti e di interessi decrescenti, per cui una risalita dei tassi danneggia meno il mutuatario fino ad essere impercettibile per le ultime rate da pagare.
Certo, l’incertezza sui termini del nuovo Euribor non aiuta, ma considerate anche in questo caso un dato: se anche Ester spingesse il tasso di riferimento di 30-40 punti in alto rispetto ad oggi, ossia intorno o poco superiore allo zero, non cambierebbe sostanzialmente nulla per le rate del mutuo, dato che le banche già si erano premurate (non tutte) a introdurre nel contratto una clausola per porre un limite inferiore all’interesse finale applicato, onde evitare di dovere “pagare” i clienti per prestare loro denaro, come capita formalmente con i tassi negativi. Inoltre, l’effetto negativo sarebbe compensato proprio dalle cattive notizie che starebbero provocando la fuga verso il tasso fisso. Dovete sapere che la BCE si muove per garantire la stabilità dei prezzi, mantenendo un’inflazione a poco meno del 2% nell’Eurozona. Tutto ciò che colpisce l’economia nell’area tende a deprimerne i prezzi, per cui l’istituto si trova costretto a intervenire per espletare il mandato, attraverso una politica monetaria espansiva, ovvero tenendo i tassi bassi. Dunque, siete preoccupati per le previsioni fosche sull’economia? A meno che non temiate di finire in prima persona vittime di una crisi, non sarebbe affatto in sé un buon motivo per scegliere il tasso fisso al posto del variabile, perché le cattive notizie non farebbero che allungare il periodo dei tassi ai minimi, per cui ripararvi sotto l’ombrello del fisso rischia di farvi bruciare migliaia di euro in maggiori interessi.
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