E’ ancora presto per tirare le somme sul mercato italiano dei mutui con la pandemia. Nel primo trimestre del 2020, secondo il report della Banca d’Italia di fine giugno, le erogazioni sono aumentate del 10,1% su base annua, pari a +1,13 miliardi di euro. Dunque, prima del pieno dell’emergenza Covid nessun ripiegamento. Un altro dato positivo riguarda il tasso di sofferenza. Il Rapporto sul Credito Italiano di Experian ha stimato al 99,16% la regolarità dei pagamenti dei mutui per il mese di aprile, di cui solo per lo 0,57% si è deteriorato a maggio con il salto di una rata.
Attenzione, però, perché questi numeri non ci forniscono alcuna fotografia realistica delle effettive condizioni del nostro mercato del credito. Infatti, ben 2,6 milioni di richieste sono state avanzate in questi mesi per usufruire della moratoria sul pagamento dei mutui. Esse hanno riguardato una massa di 289 miliardi di euro di prestiti, di cui 192 miliardi riguardano finanziamenti a società non finanziarie. Il 92% di queste domande sarebbe stato già accettato.
La sospensione dei pagamenti è valida fino al 30 settembre, dopodiché famiglie e imprese torneranno a pagare le rate dei mutui. E allora sì che vedremo quante di esse saranno effettivamente capaci di farlo. Ricordiamoci che fino a 5 milioni di persone hanno usufruito della cassa integrazione nei mesi passati, subendo una decurtazione degli stipendi e non hanno perso il posto di lavoro solo per il blocco dei licenziamenti, che rimarrà attivo fino alla metà di agosto. Il governo ipotizza di prorogare entrambe le misure, cioè di vietare i licenziamenti ancora fino alla fine dell’anno e di “congelare” i mutui fino almeno ai primi mesi dell’anno prossimo.
Mutui casa a tasso variabile al costo di un caffè
Mutui sempre meno convenienti … per le banche
Inutile dirvi che si tratterebbe di palliativi propagandistici, i quali rischiano di avere effetti controproducenti per l’economia italiana nel medio e lungo termine. Non è la prima volta che lo stato prende atto delle difficoltà finanziarie delle famiglie, pattuendo con l’Abi la possibilità per i clienti di non pagare per alcuni mesi le rate, rinviandole al futuro. E’ accaduto dopo la potente crisi del 2012-’13 e sta ripetendosi in misura ben più estesa oggi. Le rate non vengono cancellate, ma semplicemente rinviate. Tuttavia, per le banche costituisce ugualmente un costo, in quanto rientrano con ritardo rispetto ai tempi previsti dei flussi monetari erogati.
Già sappiamo che i tassi sui mutui sono scesi ai minimi storici, grazie alla politica monetaria ultra-espansiva della BCE. Per darvi un’idea di quanto è già accaduto negli ultimi anni, l’IRS a 20 anni, a cui sono agganciati i mutui a tasso fisso ventennali, oggi si attesta al -0,02%, mentre fino all’autunno 2018 viaggiava ancora in area 1,50%. A parità di spread applicati dalla banca, le nuove erogazioni fruttano circa un punto e mezzo in meno all’anno. E l’Euribor alle varie scadenza da 1 a 12 mesi resta negativo, tenendo bassissimi gli interessi dei mutui a tasso variabile. Grazie a questo trend, milioni di italiani ne hanno approfittato per abbattere l’importo della rata, correndo surrogare il mutuo anche più volte in pochi anni.
Mutui contagiati dai tassi negativi, gli interessi crollano e alleggeriscono le rate
Molto bello per chi deve contrarre un mutuo, male per le banche. Ma il mercato determina sempre l’incontro tra due opposte convenienze e risulta molto difficile credere che l’offerta di prestiti in Italia rimanga inalterata, se oltre ai tassi di mercato praticamente a terra il legislatore consente ai clienti ogni due e tre, pur per giusta causa, di sospendere i pagamenti.
I rischi post-moratoria
Questa sospensione, però, non può andare avanti per molto senza impattare negativamente sui margini bancari. La massa dei prestiti oggetto di moratoria incide per un quinto degli impieghi totali a favore del settore privato, per circa un sesto di quelli complessivi, inclusi i prestiti alla Pubblica Amministrazione. Troppo dura privarsi dei relativi pagamenti per mesi e mesi. Del resto, se la fine della moratoria arrivasse troppo presto, quando ancora le famiglie non si saranno riprese finanziariamente dallo shock di primavera, il boom dei crediti deteriorati zavorrerebbe i bilanci delle banche e si rifletterebbe negativamente sui già scarsi valori in borsa dei relativi titoli.
Il fenomeno, stavolta per fortuna (mal comune, mezzo gaudio), non riguarda solo l’Italia, sebbene le nostre banche uscissero da un periodo molto più complicato, con una percentuale di NPL quasi tripla rispetto alla media UE. Per questo, la BCE sta studiando la creazione di una “bad bank” europea, nella quale confluirebbero tutti i crediti andati in malora durante e a causa della pandemia. La soluzione eviterebbe alle banche tricolori un’ulteriore stigmatizzazione sui mercati internazionali, sebbene non possiamo tirare alcun sospiro di sollievo prima di sapere se e a quali condizioni questa soluzione verrà varata. Impossibile credere che sui privati non ricadrebbero perdite. Di buono ci sarebbe che non sarebbero gli stati ad accollarseli, con l’Italia che già viaggia verso un rapporto debito/pil al 160-170% alla fine dell’anno.
Finita la pandemia, rischiamo di ritrovarci in una situazione ben più strutturalmente negativa degli anni scorsi.
Mutui casa ancora più convenienti con il Coronavirus, ma il solo tasso ci dice poco