Quando si parla di mutuo, ci viene subito in mente l’acquisto o la ristrutturazione di una casa. In effetti, nella stragrande maggioranza dei casi, l’erogazione del mutuo è di tipo ipotecario o immobiliare, ovvero relativa all’acquisto o alla ristrutturazione di una prima o seconda casa. Ma non sempre è così. Esiste, infatti, anche il mutuo liquidità, che si differenzia da quello ipotecario per il semplice fatto, che la somma concessa in prestito dalla banca non è finalizzata ad alcuna compravendita immobiliare.
In sintesi, il mutuo liquidità è un prestito di tipo personale, che non mira al finanziamento dell’acquisto o della ristrutturazione di un immobile, bensì a garantire al mutuatario una somma di denaro, che questi potrà impiegare come meglio desidera. A questo punto, potrebbe sorgere spontanea una domanda: quale sarebbe la differenza tra un mutuo liquidità e un classico
prestito personale? Il mutuo liquidità eroga somme minime non inferiori a 30-35.000 euro, che arrivano anche a un milione di euro o più. L’ammortamento è previsto nella durata minima di 5 anni e in quella massima di 40 anni. Dunque, a differenza del prestito personale, esso consente al cliente di richiedere somme ben più consistenti e per un periodo più lungo. Anche il mutuo liquidità richiede garanzie da parte del cliente. Esse sono di tipo reddituali e/o patrimoniali. In genere, è richiesta la proprietà di un immobile. La banca eroga finanziamenti fino all’importo massimo del 70% del valore commerciale di quest’ultimo, libero da eventuali ipoteche preesistenti. Nel caso di liberi professionisti, imprenditori e lavoratori autonomi, la percentuale finanziabile scende a non più del 50%. Tra gli svantaggi, abbiamo che i tempi di erogazione tendono ad essere più lunghi di quelli necessari per ottenere un prestito personale. Sono altresì escluse dalle finalità di impiego investimenti di tipo speculativo e per il
consolidamento di debiti accesi in precedenza.
Infine, anche questo tipo di finanziamento può essere rimborsato a tasso fisso o variabile. Nel primo caso, l’importo massimo erogato tende ad essere più basso, in relazione al valore commerciale libero dell’immobile ipotecato.