Perdere il lavoro e poi prendere la Naspi. Molti lavoratori trovano nell’indennità di disoccupazione lo strumento utile per coprire il mancato reddito che inevitabilmente si verifica quando si perde l’occupazione.
Tuttavia, esistono regole precise per la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi), perché non sempre è possibile percepirla. Infatti, la perdita del lavoro deve avvenire in determinati modi, altrimenti il disoccupato non avrà diritto alla Naspi.
Su questo punto si inserisce una novità entrata in vigore quest’anno, che approfondiremo in quanto molti lettori ci chiedono spiegazioni.
“Salve, vi spiego brevemente cosa mi sta succedendo e perché sono seriamente preoccupato. Sono un lavoratore edile di 64 anni e ho 36 anni di contributi utili all’Ape sociale. Però non ho 7 anni di lavoro in edilizia negli ultimi 10 né 6 anni negli ultimi 7. In parole povere, non rientro tra i lavori gravosi e non ho diritto all’Ape.
Ma oggi non vi chiedo dell’Ape sociale, bensì della Naspi. Prima di Natale, il mio datore di lavoro mi ha chiesto di dare le dimissioni. Dopo un anno e mezzo di lavoro con lui, mi ha detto che dovevo dimettermi e che a gennaio mi avrebbe assunto con un’altra ditta. Non ho capito perché non mi abbia licenziato lui.
Tuttavia, adesso, dopo la nuova assunzione (che ancora deve avvenire), potrebbe farmi un contratto a tempo determinato per un mese, probabilmente dal primo febbraio al 28 febbraio. Ho già superato la visita medica. Se il contratto scade a febbraio, è vero che posso ottenere la Naspi? Mi interessa perché in seguito vorrei chiedere l’Ape come disoccupato, come voi mi avete insegnato che è possibile fare.”
NASPI 2025: licenziati dal datore di lavoro ma senza disoccupazione, ecco quando
In effetti, la domanda del nostro lettore ci permette di approfondire un tema molto attuale che riguarda la Naspi e, di riflesso, coloro che desiderano sfruttarla per accedere in un secondo momento all’Anticipo Pensionistico Sociale, cioè l’Ape sociale.
Il nostro lettore, invece, ha interrotto l’ultimo contratto proprio a seguito di dimissioni. In tal caso, la Naspi non è dovuta e, di conseguenza, anche la possibilità di usufruire dell’Ape sociale salta. Infatti, la perdita del lavoro deve essere involontaria. Quindi, si ha diritto alla Naspi in caso di licenziamento (individuale o collettivo), di scadenza del contratto a termine, di risoluzione consensuale o perfino in caso di licenziamento disciplinare.
Oggi, però, una novità introdotta per limitare pratiche scorrette da parte di alcuni lavoratori e aziende rischia di danneggiare chi, come il nostro lettore, ha acconsentito a dare le dimissioni su richiesta del datore di lavoro.
I furbetti della Naspi, ecco quando c’è chi cerca di aggirare le regole
Parliamo di “furbetti della Naspi” quando ci riferiamo a situazioni in cui si aggirano le disposizioni sull’interruzione involontaria del rapporto di lavoro. Possono esserci le cosiddette dimissioni di comodo, date di comune accordo tra lavoratore e datore di lavoro con la promessa di una successiva riassunzione e relativo licenziamento, così da sbloccare il diritto alla Naspi, negato in caso di dimissioni volontarie. Oppure ci sono lavoratori che, stanchi della loro occupazione, cercano in tutti i modi di farsi licenziare per non perdere la Naspi.
Nel primo scenario, c’è una sorta di intesa: il datore di lavoro preferisce non procedere con un licenziamento diretto per non pagare un ticket licenziamento elevato, poiché più alta è l’anzianità del dipendente, più elevato è il costo dovuto all’INPS per finanziare la Naspi. Nel secondo caso, invece, è il lavoratore stesso a mettere in atto comportamenti che lo portano al licenziamento, pur di evitare le dimissioni e non perdere così l’indennità.
La stretta del 2025, addio Naspi in questi casi
La novità del momento riguarda soprattutto quei lavoratori che si fanno licenziare di proposito. In pratica, anche chi subisce un licenziamento potrebbe non aver più diritto alla Naspi se la separazione dal lavoro avviene per giusta causa dovuta, per esempio, a continue assenze ingiustificate. In questo caso, il licenziamento viene considerato alla stregua di dimissioni, facendo così decadere il diritto alla Naspi.
Lo stesso discorso vale per chi presenta dimissioni volontarie, trova un nuovo lavoro (magari a tempo determinato) e viene poi licenziato nuovamente prima di aver raggiunto almeno 13 settimane di attività lavorativa. In queste circostanze, la persona rischia di perdere il diritto alla Naspi. Prima della recente stretta, la durata del secondo impiego non influiva su tale diritto, mentre adesso diventa un requisito essenziale.
Anche l’Ape sociale a rischio per le politiche anti furbetti della disoccupazione da Naspi
A prescindere dalle valutazioni su queste politiche anti furbetti, è evidente che tale stretta potrà colpire anche chi furbetto non è, ma che si trova a perdere il lavoro involontariamente dopo un breve contratto. Questo scenario ha ripercussioni notevoli anche sull’Ape sociale, poiché la misura è strettamente collegata alla Naspi.
Per accedere all’Anticipo pensionistico sociale, occorre aver maturato il diritto alla Naspi e percepirla integralmente prima di fare domanda. Anche se alcuni Tribunali hanno cercato di separare la Naspi dall’Ape sociale, la regola generale stabilisce che chi si dimette volontariamente resta escluso dalla possibilità di accedere alla pensione con l’Anticipo pensionistico sociale.