La Naspi è l’indennità per disoccupati che l’INPS paga a quanti per casi distaccati dalla loro volontà, perdono il lavoro. La durata della Naspi alla pari del suo calcolo, dipende dal lavoro svolto negli ultimi 4 anni. Per questo molti si rendono conto di aver perso mesi di indennità inconsapevolmente, perché magari hanno frainteso le regole di accumulo di queste mensilità.
“Buonasera a voi, mi chiamo Andrea e vi chiedo informazioni sulla durata della Naspi che mi è stata appena comunicata dall’INPS.
Il calcolo della Naspi dal punto di vista della sua durata
Il meccanismo della Naspi come dicevamo in premessa è abbastanza particolare anche se chiarissimo ed evidente. La durata massima della Naspi spettante è pari a 24 mesi. Ma va detto che questa durata viene calcolata in base ai rapporti di lavoro svolti negli ultimi quattro anni. In pratica solo con continuità di impiego per tutti gli ultimi quattro anni, un disoccupato ha diritto a due anni di indennità. Il nostro lettore per quanto ci dice avrà maturato sicuramente 24 mesi di lavoro utile negli ultimi quattro anni.
Occhio a non chiederla pensando al recupero negli anni successivi
La lettura del quesito, nonché della risposta che gli ha dato l’INPS è abbastanza facile e quindi a fronte di 24 mesi di assunzione negli ultimi quattro anni, l’INPS ha segnato 12 mesi di Naspi. Ma è un quesito che ci permette di affrontare un discorso più vasto che riguarda sicuramente molti lavoratori che si trovano di fronte ad una Naspi che per durata è inferiore a quella che pensavano di percepire. Va ricordato infatti che i periodi di lavoro accumulati non durano in eterno per quanto riguarda la disoccupazione INPS. Fermo restando il periodo dei quattro anni che potremmo definire di osservazione, tutti i periodi precedenti non utilizzati per altri periodi di Naspi vengono persi.
I periodi non più utili alla disoccupazione INPS
Ed il caso del nostro lettore è eloquente, perché tutti i periodi di lavoro svolti fino al 31 dicembre 2018 non sono più utili per l’indennità di disoccupazione. Probabilmente il nostro lettore ha commesso un errore e lo avrà commesso anche più volte. Infatti nel momento in cui si interrompeva un contratto di lavoro a termine, e dal momento che ci dice che spesso è stato fermo anche 40 giorni, ha sbagliato a non utilizzare la Naspi. Poteva farne richiesta, anche solo per 40 giorni. Chi pensa di accumulare periodi utili alla Naspi semplicemente non richiedendola e aspettando periodi di inattività più lunghi, sbaglia.
Ecco quando il lavoro del passato non è più utile alla Naspi
Un esempio chiarirà meglio quello di cui abbiamo appena parlato. Ammettiamo per assurdo che un lavoratore dipendente sia stato in continuità di assunzione fino al 31 dicembre 2021, con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato partito nel 2010. Se a gennaio questo lavoratore avesse presentato domanda di Naspi, avrebbe avuto diritto a 24 mesi di indennità. Se questo lavoratore non ha provveduto a presentare domanda perché a marzo ha preso a lavorare di nuovo, i mesi di gennaio febbraio e marzo, senza assunzione, finiranno con l’incidere negativamente sulla Naspi che in teoria andrà a richiedere dopo aver terminato il nuovo rapporto di lavoro. I 3 mesi intercorsi tra il termine del precedente rapporto di lavoro e il successivo, non saranno più utili alla durata nella Naspi.
La durata della Naspi si accorcia
Non ci saranno più i 4 anni di continuità di assunzione, ma saranno 3 anni e 9 mesi. E la disoccupazione spettante passerà dai 24 mesi di cui aveva diritto a gennaio, ai 22 mesi circa di cui verrà diritto dopo. Se invece avesse presentato la domanda a gennaio e avesse preso tre mesi di disoccupazione, con ulteriori 6 mesi di assunzione presso la nuova azienda e poi con la perdita del lavoro, il periodo indennizzabile sarebbe ritornato a 24 mesi.