Naspi e dimissioni per rifiuto di un trasferimento, ecco come funziona

Si ha diritto alla Naspi con le dimissioni dovute al rifiuto di trasferimento in altra sede lavorativa. In quali casi?
1 anno fa
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Naspi calcolo
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In un solo caso la Naspi può essere percepita anche dal lavoratore che volontariamente lascia il proprio posto di lavoro. L’indennità per disoccupati INPS infatti viene assegnata al richiedente, che ha tutti i requisiti necessari per poterla percepire, nel momento in cui perde involontariamente il proprio posto di lavoro. Pertanto, le dimissioni volontarie non dovrebbero dar diritto all’indennità. Questa è la regola generale. Ma è anche vero che in alcuni casi anche le dimissioni volontarie danno diritto all’indennità per disoccupati.

Naturalmente parliamo di dimissioni per giusta causa. Il lavoratore che si dimette per giusta causa infatti può avere lo stesso diritto alla prestazione anche se la procedura da questo punto di vista deve essere meglio approfondita. Con una recente sentenza di un tribunale toscano, si allarga ancora di più la possibilità di fruire dell’indennità a seguito di dimissioni. E adesso andremo a vedere cosa gli ermellini del tribunale di Firenze hanno sancito in modo tale da rispondere meglio al quesito di un nostro lettore che vorrebbe dare le dimissioni per via di un trasferimento.

“Gentile esperto di Investire Oggi, sono un lavoratore dipendente di una grande azienda metalmeccanica. Purtroppo però l’azienda adesso mi ha preannunciato il mio trasferimento in una loro sede che dista 80 km dalla mia abitazione e dal mio attuale posto di lavoro. Infatti la sede dove svolgo la mia attività adesso è nello stesso Comune dove io anni fa mi sono trasferito proprio in funzione di questa mia attività lavorativa. Mi chiedevo se licenziandomi adesso posso avere comunque diritto alla Naspi. Mi serve in modo tale da ammortizzare un po’ la riduzione reddituale a cui andrò incontro perdendo il lavoro.”

Naspi e dimissioni per rifiuto di un trasferimento, ecco come funziona

Più che una novità riguardo la Naspi, ciò che andremo ad approfondire adesso in riferimento alla sentenza dei giudici del tribunale di Firenze riguarda lo sdoganamento delle dimissioni date per giusta causa in caso di rifiuto al trasferimento in altra sede lavorativa da parte del lavoratore.

Infatti dal punto di vista tecnico la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, da cui l’acronimo di Naspi, può essere percepita dai lavoratori dipendenti dando le dimissioni per giusta causa.

Effettivamente l’indennità per disoccupati INPS può essere percepita nel momento in cui un lavoratore dipendente perde posto di lavoro a seguito di licenziamento individuale o collettivo. E in qualsiasi altra modalità di cessazione del rapporto di lavoro indipendente dalla volontà del lavoratore. Come può essere anche la scadenza di un contratto di lavoro a termine. Detto ciò, anche le dimissioni, se sono indotte da qualche evento che spinge il dipendente a darle, possono essere ritenute idonee alla disoccupazione indennizzata INPS.

Si può scoprire qui a quanto ammonterebbe la Naspi percepibile inserendo i dati relativi al proprio lavoro.

Dimissioni per giusta causa, ecco le casistiche

Il trasferimento da una sede all’altra dell’azienda per cui un lavoratore presta servizio, in genere, non è contemplato tra le motivazioni da usare per le dimissioni per giusta causa. Anche perché una normativa precisa al riguardo non c’è. Piuttosto sono i giudici, la giurisprudenza e la Cassazione ad aver circoscritto il perimetro della casistica da cui derivano le dimissioni per giusta causa. In genere i motivi sono:

  • Mancato pagamento della retribuzione;
  • Ritardato pagamento della retribuzione;
  • Omesso versamento dei contributi;
  • Comportamento ingiurioso del datore di lavoro o di un superiore;
  • Pretesa da parte del datore di lavoro di prestazioni illecite;
  • Molestie sessuali perpetrate dal datore di lavoro o da un superiore;
  • Demansionamento significativo che causa pregiudizio al lavoratore;
  • Mobbing.

Cosa hanno stabilito i giudici della Corte di Appello di Firenze

Anche il trasferimento ad altra sede di un lavoratore dipendente può dare diritto alle dimissioni per giusta causa.

Ma solo se detto trasferimento è di un certo tipo. Questo il contenuto della sentenza 258 del 2 ottobre scorso, della Corte d’Appello di Firenze. E si parla di trasferimento di sede anche a soli 50 km dalla residenza del lavoratore o raggiungibile in 80 minuti coi mezzi di trasporto pubblici. La sentenza nasce dal ricorso di una donna, a cui l’INPS aveva respinto la domanda di Naspi.

Le dimissioni della lavoratrice nascevano da trasferimento imposto dal datore di lavoro da Firenze a Massa. La donna, senza patente, avrebbe dovuto utilizzare i mezzi di trasporto pubblici per la nuova sede di lavoro. E con viaggio di 2 ore. Il pregiudizio economico che avrebbe subito dal trasferimento è un’altra aggravante che il tribunale ha deciso di usare per sancire la riuscita del ricorso della lavoratrice.

Secondo i giudici la donna aveva quindi pieno diritto alla Naspi. Perché per un trasferimento di questo genere le dimissioni per giusta causa sono ammissibili. In pratica la perdita del posto di lavoro nasce da un evento diverso dalla volontà della lavoratrice di lasciare l’occupazione.

Come dare le dimissioni per giusta causa e prendere la Naspi

Le dimissioni per giusta causa devono essere formalizzate, come quelle volontarie classiche,  a pena di inefficacia delle stesse, mediante la procedura telematica prevista. E usando esclusivamente i moduli e gli strumenti presenti sul sito del Ministero del Lavoro. L’interessato, collegandosi al portale “servizi.lavoro.gov.it”, e accedendo all’area riservata con le credenziali SPID, CNS o CIE, può fare tutto da solo.

In alternativa, si possono utilizzare i canali di assistenza classici. Parliamo naturalmente di patronati, organizzazioni sindacali, consulenti del lavoro ed ogni altro professionista autorizzato. Una volta date le dimissioni per giusta causa, sempre con SPID, CIE o CNS, il neo disoccupato puiò presentare la domanda per l’indennità di disoccupazione all’INPS. Anche in questo caso valida l’alternativa di strutture quali i patronati.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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