La Naspi (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) è una indennità mensile erogata a sostegno di chi perde il lavoro. Più precisamente, ha la funzione di fornire sostegno al reddito dei lavoratori subordinati contro la perdita involontaria dell’occupazione.
Sono beneficiari della Naspi tutti i lavoratori dipendenti, gli operai agricoli, gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato. Nonché i lavoratori a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni.
Naspi anche in caso di dimissioni volontarie
Per averne diritto, è necessario, fra le altre cose, che vi sia perdita involontaria dell’occupazione a causa di un evento non imputabile al lavoratore.
E’ il caso dei genitori che lasciano il lavoro durante il primo anno di vita del bambino. Nello specifico, a partire dal 13 agosto 2022, il diritto alla Naspi sorge, non solo per la madre, ma anche in favore del padre lavoratore dipendente. La novità è stata introdotta con il riconoscimento del congedo parentale obbligatorio dallo scorso anno anche ai padri lavoratori.
Lo chiarisce l’Inps con la circolare n. 32 del 20 marzo 2023, che recepisce le novità contenute nel decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105 recante disposizioni finalizzate a migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza. In pratica la riforma ha introdotto una specifica disciplina per tutelare con la Naspi chi lascia il posto di lavoro durante il periodo di maternità o paternità.
Come funziona
Pertanto, ai sensi di legge, le dimissioni presentate dal lavoratore dipendente durante il primo anno di vita del bambino si intendono rassegnate per “giusta causa”. Ne consegue il diritto alla percezione della Naspi da parte dell’Inps.
Il diritto sorge solo a seguito di dimissioni volontarie presentate nell’ambito della fruizione del congedo obbligatorio durante il quale il lavoratore non può essere licenziato.
Ricordiamo che Dal 13 agosto 2022, data di entrata in vigore del provvedimento, ai padri lavoratori dipendenti è riconosciuto un congedo di 10 giorni (interamente retribuito) da fruire tra i due mesi antecedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi. Si tratta di un congedo aggiuntivo rispetto a quello della madre in presenza di situazioni particolarmente gravi.