La Naspi per chi perde il lavoro involontariamente è l’ammortizzatore sociale utile a tamponare la falla dell’assenza di reddito di quel triste periodo di disoccupazione. La Naspi è l’indennità per disoccupati INPS e può essere presa anche da chi dopo la perdita del posto di lavoro e dopo la presentazione della domanda, trova un nuovo lavoro. Ma se questa attività lavorativa è a chiamata, ecco che emergono alcune particolarità che sarebbe meglio conoscere. Perché in alcuni casi c’è il rischio di perdere il diritto alla disoccupazione.
“Buonasera, mi chiamo Stefania, sono una vostra lettrice e volevo chiedervi una cosa.
Ho appena ricevuto la reiezione della domanda di Naspi. Non mi convince il motivo. Ho perso il lavoro il 31 gennaio. Era un lavoro di colf e badante, assunta da una famiglia di anziani. Ho lavorato per due anni interi, fino a quando l’anziana che aveva bisogno di me non è stata portata in una casa di cura dopo il decesso del marito avvenuto a fine 2024. Il 4 febbraio mi hanno chiamato a scuola per delle supplenze. E sono stata in servizio per una ventina di giorni sempre a scuola in tutto febbraio. Mi cambiano continuamente istituto, e non so in anticipo se anche a marzo lavorare e se si, per quanti giorni. Perché mi hanno bocciato la domanda con una giustificazione che non comprendo e che è la seguente: Rioccupazione in periodo di carenza.”
NASPI, periodo di carenza e lavoro a chiamata, ecco le cose da sapere
Un errore comune a tanti lavoratori quando perdono il posto di lavoro è quello che ha commesso la nostra lettrice.
Se di errore si può parlare naturalmente. Perché è sempre meglio aver trovato nuova occupazione che restare in disoccupazione. Però è anche vero che vedersi rigettare la domanda di Naspi, soprattutto se il nuovo lavoro trovato non è fisso ma intermittente o a chiamata, è una cosa che difficilmente uno può accettare di buon grado. Perché la comodità di una Naspi presa durante il lavoro a chiamata è enorme visto che copre i giorni in cui effettivamente l’attività lavorativa non c’è. Però da quanto ci dice la lettrice, l’INPS non ha commesso nessun errore. Anzi, non ha potuto fare nient’altro che respingere la domanda di Naspi. E se il dubbio della lettrice riguarda la motivazione, questa è molto semplice. Essendo stata riassunta, anche se solo a chiamata, durante il periodo di carenza, la Naspi non poteva essere accettata dall’Istituto.
Ecco quando la Naspi si può prendere lo stesso durante il lavoro a chiamata
Il periodo di carenza secondo i dettami dell’INPS non è altro che quel periodo di tempo che passa tra la perdita del posto di lavoro e la data di decorrenza della Naspi. Che come tutti sanno decorre dal giorno della domanda se questa viene presentata dopo gli 8 giorni dal licenziamento e prima della scadenza dei 68 giorni, a partire dai quali si perde il diritto all’indennità.
Ma se la domanda è presentata proprio nei primi 8 giorni, cioè nel periodo di carenza, la stessa Naspi parte dall’ottavo giorno successivo al licenziamento.
In termini pratici, la nostra lettrice non ha diritto alla Naspi perché è stata riassunta prima che la Naspi potesse essere liquidata.
Attenti al periodo di carenza, la domanda può essere respinta in caso di nuova assunzione
In pratica, se c’è da dare un suggerimento a chi si trova in situazioni come quella della nostra lettrice è semplicemente quello di evitare di trovare nuova occupazione nel periodo di carenza per non perdere il diritto alla Naspi.
Infatti non è vietato lavorare durante il periodo indennizzato dalla Naspi purché non si ecceda con redditi e giornate di lavoro. Molto dipende dalla durata del nuovo rapporto di lavoro e dal reddito da esso derivante. Il lavoro intermittente permette di essere beneficiari della Naspi mentre si svolge questa attività. Tanto è vero che in questi casi, per chi beneficia della Naspi è fatto obbligo comunicare la riassunzione, e poi periodicamente comunicare all’INPS i periodi (giornate di lavoro) svolte a chiamata. In modo tale che l’INPS possa pagare la Naspi solo per i giorni in cui effettivamente l’interessato è disoccupato.
Da contratto a contratto cambiano le regole e anche quelle della Naspi
Ricapitolando, anche i lavoratori che hanno un contratto, che in questi casi si chiama intermittente oppure a chiamata, possono avere diritto alla Naspi. Purché al momento della presentazione della domanda di Naspi l’interessato risulta disoccupato. Ma anche se lo status di disoccupato è presente alla data di partenza della Naspi, cioè oltre il periodo di carenza. Attenzione però, perché molte cose cambiano in base alla tipologia di contratto a chiamata sottoscritto. Se si tratta di un contratto con obbligo di accettazione delle proposte di lavoro, la Naspi spetta a condizione che non vengano superate le soglie di reddito. Al riguardo l’interessato deve comunicare il reddito presunto che pensa di ottenere dal nuovo lavoro. Invece se non c’è nessun obbligo di accettare la chiamata, ecco che la Naspi si può prendere in maniera intermittente, come lo è il lavoro. Con l’indennità sospesa per i giorni di effettivo lavoro svolto mese dopo mese.