La pensione di vecchiaia come misura fa parte stabile del sistema pensionistico italiano. Infatti, è una delle due misure considerate come pilastri del sistema previdenziale. In senso stretto, per pensione di vecchiaia si fa riferimento al trattamento pensionistico ordinario che, al raggiungimento della giusta e vigente età pensionabile, spetta a tutti i contribuenti indistintamente o quasi.
La misura fa parte degli strumenti strutturali del sistema, dal momento che si tratta di misure non soggette a rinnovo o proroga e non soggette alla destinazione di fondi da parte del governo, qualsiasi esso sia in carica a fine anno quando è il momento di redigere la legge di Bilancio.
Cos’è l’età pensionabile
Un lavoratore che raggiunge i 67 anni ha centrato l’età pensionabile. Infatti, questa età è quella che anche nel 2025 rappresenterà il tetto da raggiungere per permettere agli interessati di poter andare in pensione. Naturalmente, parlando di pensioni di vecchiaia, non basta solo il raggiungimento di questo limite di età. Infatti, serve anche completare la giusta carriera contributiva prevista che, per l’anno venturo, sarà sempre pari ad almeno 20 anni.
Ed è proprio sui requisiti aggiuntivi oltre all’età pensionabile che vanno capite le variabili che permettono a volte di anticipare l’uscita ed altre volte di posticiparla.
Pensione di vecchiaia ordinaria, i requisiti che tutti conoscono
Al lavoratore interessato alla pensione di vecchiaia ordinaria diciamo subito che alcune variabili riguardano la data di primo versamento contributivo. Parliamo della data di iscrizione alla previdenza obbligatoria. Il primo accredito, sia effettivo che figurativo, se è stato effettuato prima del 1996 dà delle garanzie maggiori di andare in pensione a 67 anni rispetto a chi ha iniziato a versare dopo.
Infatti, per il contribuente che ha iniziato con i versamenti prima del 1996, sono necessari 67 anni di età e 20 anni di contributi versati e, senza altri particolari vincoli, la pensione si prende tranquillamente. Come dicevamo, sono validi i contributi di qualsiasi titolo versati: da quelli da lavoro a quelli figurativi, dai contributi da riscatto a quelli volontari. Quindi, con 67 anni di età e 20 anni di contributi si può andare in pensione.
La quiescenza di vecchiaia 5 mesi prima, ma i contributi cambiano
La pensione di vecchiaia con il doppio requisito anagrafico e contributivo è rimasta inalterata ormai da anni. Infatti, è dal 2019, quando i lavoratori potevano andare in pensione con 20 anni di contributi e con 66 anni e 7 mesi, che non si registrano scatti relativi alle aspettative di vita della popolazione. Dal primo gennaio 2019, l’età pensionabile è passata a 67 anni. Ben 5 mesi in più di attesa per il solo fatto che la vita media della popolazione è salita. Ma quello scatto non si applica a tutti i lavoratori. Infatti, ancora nel 2025 ci sarà chi potrà andare in pensione con 66 anni e 7 mesi di età come fino al 31 dicembre 2018.
Parliamo di addetti ai lavori gravosi o di addetti al lavoro usurante. I contribuenti che rientrano nel novero dei potenziali beneficiari della Quota 41 per i lavoratori precoci (sia gravosi che usuranti, ndr), potranno così andare in pensione di vecchiaia non al raggiungimento dei 67 anni di età, ma 5 mesi prima, a partire quindi dai 66 anni e 7 mesi. Ma con una variabile rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria. Infatti, non bastano i 20 anni di versamenti ma ne servono 30. E soprattutto servono 30 anni senza considerare contributi figurativi, da riscatto o contributi volontari.
La pensione di vecchiaia in regime contributivo, cosa cambia nel 2025
Per i contributivi puri, come detto in premessa quando parlavamo delle date dei primi accrediti di contribuzione previdenziale, le regole sulla pensione di vecchiaia cambiano.
Ripetiamo, la data di iscrizione alla previdenza obbligatoria è fondamentale e quindi chi è un nuovo iscritto, come vengono ribattezzati quanti hanno iniziato a lavorare dopo il 1995, ha una difficoltà maggiore nel maturare il diritto alla pensione di vecchiaia.
Dal 2025, i contributivi puri potranno andare in pensione di vecchiaia solo se raggiungono circa 540 euro al mese di pensione. Perché per loro vige il vincolo dell’importo della prestazione alla data di liquidazione. Se il giorno di liquidazione della pensione il contribuente non raggiunge una pensione superiore a 540 euro, non potrà andarci. Anche se a quella data ha raggiunto 67 anni di età e 20 anni di contributi. Serve anche arrivare ad una pensione pari o superiore a 1,5 volte l’assegno sociale.
La pensione di vecchiaia a 71 anni nel 2025 per tutti gli esclusi degli anni precedenti
A dire il vero, questo vincolo della pensione minima da completare come importo, fino al 2023 era ancora più rigido. La pensione doveva essere non più bassa di 1,5 volte l’assegno sociale. Significa che da anni sono tanti i contribuenti a cui l’INPS ha negato questa prestazione. Ma nel 2025 qualcuno di essi potrà adesso accedere alla prestazione, anche se non arriva ad una pensione pari all’assegno sociale.
Infatti, una volta arrivati a 71 anni, ecco che c’è la vera pensione di vecchiaia contributiva, una misura che effettivamente possono percepire quanti si trovano anche con solo 5 anni di contributi e senza alcun limite di importo. La pensione di vecchiaia a 71 anni nel 2025 per tutti gli esclusi degli anni precedenti, quindi, è una possibilità se gli interessati arrivano a 71 anni. Ma anche se nel tempo, continuando a lavorare, finalmente adesso sono riusciti a superare, come importo, il limite di pensione prestabilito.
Perché è evidente che nel sistema contributivo più si versano contributi più sale la pensione. E quindi, se negli anni a partire da quello della bocciatura della domanda di pensione di vecchiaia l’interessato ha lavorato e versato contributi, potrebbe anche aver superato la soglia.
La pensione per le donne, quando la vecchiaia anticipa da 4 a 16 mesi
Un altro fattore da non sottovalutare per la pensione di vecchiaia 2025 è senza dubbio quello delle donne. Perché è vero che prima alle donne era concessa la facoltà di pensionamento di vecchiaia ad età più basse degli uomini, mentre adesso l’età pensionabile è uniformata. Ma per le lavoratrici madri esiste ancora uno sconto da utilizzare, in base ai figli avuti naturalmente.
In parole povere, una lavoratrice può godere di un concreto taglio dell’età pensionabile in base al numero di figli avuti. Lo prevede la normativa vigente, che permette di scontare fino a 12 mesi sui 67 anni di età pensionabile. Ogni figlio avuto vale 4 mesi. Pertanto, lo sconto massimo è appannaggio di lavoratrici che hanno avuto 3 o più figli nella loro vita.
Quindi, con almeno 3 figli avuti, la lavoratrice potrà andare in pensione con 20 anni di contributi e con 66 anni di età nel 2025. Oppure con 66 anni e 4 mesi per chi ha avuto due figli e 66 anni e 8 mesi per quelle che invece ne hanno avuto uno solo. Proprio adesso la manovra di Bilancio ha introdotto una novità che potrebbe portare a 16 mesi questo sconto. Infatti, fermo restando il fatto che ogni figlio vale 4 mesi in meno sull’età pensionabile, anziché fissare il tetto a 12 mesi per tre o più figli, si passerebbe al tetto massimo di 16 mesi per quattro o più figli.
I disoccupati che hanno versato in AGO e Gestione separata da un contratto co.co.co di quale pensione anticipata possono avvalersi? Perché a quanto ho capito devono rimanere disoccupati e basta avendo superato i 63 anni e un lavoro è pressoché impossibile da trovare. Grazie