Lunedì scorso, il governatore Christine Lagarde aveva lanciato un messaggio apparentemente chiaro ai mercati: “la BCE fa sul serio sullo scudo anti-spread e non dovete dubitarne”. Il giorno dopo, due componenti del board smentiscono le dichiarazioni della numero uno con parole altrettanto chiare. Si tratta del governatore centrale slovacco Peter Kazimir e del collega finlandese Olli Rehn, il quale fu anche commissario agli Affari monetari tra il 2009 e il 2014. I due sono notoriamente “falchi”, per cui il tenore delle loro dichiarazioni non è da prendere per oro colato rispetto alle reali intenzioni della BCE.
Entrambi hanno sostenuto, infatti, che non sarà automatico. I titoli di stato oggetto di vendite e con spread in forte crescita non saranno candidati automaticamente al sostegno di Francoforte. Inoltre, spiegano, gli eventuali acquisti dell’istituto saranno “fortemente condizionati”. In particolare, Kazimir ha dichiarato che non sarebbe compito della politica monetaria contrastare gli spread, i quali dipendono da un’unione monetaria priva di una gestione fiscale comune e anche dalle mancate riforme dei governi per migliorare la resilienza agli shock delle rispettive economie.
Scudo anti-spread inutile, BTp rischiano sell off
Rehn si è concentrato, invece, sulla necessità di coinvolgere il Consiglio dei Governatori della BCE nel dare attuazione eventualmente allo scudo anti-spread a favore di qualche mercato sovrano. E ha aggiunto che tale sostegno non dovrebbe avvenire esclusivamente rivolgendosi a Francoforte. Insomma, il contrario di quel che sarebbe uno scudo vero e proprio. Abbiamo scritto in queste settimane che esso funzionerebbe come dissuasore della speculazione solo nel caso in cui fosse automatico e incondizionato. Abbiamo scoperto che non sarebbe così. Il condizionale resta d’obbligo finché non saranno svelati i dettagli, ma la china che sta prendendo la discussione non appare promettente.
A questo punto, cosa ce ne facciamo di un altro scudo anti-spread che non servirebbe a niente? Già nel 2012 l’allora governatore Mario Draghi varò un sostegno condizionato.