Si fa sempre più inquietante la questione occupazione tra i giovani nel nostro Paese e gli ultimi dati Istat inquadrano perfettamente quelle che sono le conseguenze del lavoro precario. Le paghe basse e soprattutto poco sicure o comunque longeve danno ai giovani poco potere d’acquisto. Il risultato? Stanno ancora a casa con mamma e papà poiché non possono permettersi una vita autonoma e indipendente.

35enni a casa dei genitori

Il nuovo rapporto Annuale Istat ci offre un quadro esaustivo di quella che è la situazione lavorativa tra i giovani nel nostro Paese.

La percentuale è a dir poco inquietante, il 67,4% dei giovani nella fascia tra i 18 e i 35 anni vive ancora a casa dei propri genitori. Rispetto al 2002, poco più di 20 anni fa, la percentuale è salita di ben otto punti. Il Sud Italia registra i numeri più alti, in special modo in Campania, dove si raggiunge la cifra record del 75,4%. Subito dopo troviamo invece le Marche con il 74,5%, l’unica ragione del centro a registrare percentuali così alte. Altro dato da prendere in forte considerazione è quello della salute mentale, ossia del benessere psichico dei nostri giovani, con una tendenza al rialzo in negativo soprattutto per le ragazze.

I numeri sono scoraggianti soprattutto se si paragona l’Italia con le altre realtà e il lavoro precario continua a essere probabilmente il tema più annoso del nostro Paese. Oltre ai contratti a tempo determinato, piaga che non consente ai lavoratori di intraprendere una propria vita autonoma e indipendente, c’è poi il problema della disoccupazione. Anche in questo caso tra le regioni più colpite c’è la Campania, accompagnata in questo caso anche dalla Sicilia. In queste due regioni infatti il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 18 e i 34 anni raggiunge il 30%.

Lavoro precario, un problema irrisolvibile

Contratti a breve termine e spesso anche part-time, sono queste le proposte contrattuali che stanno affliggendo i giovani e non solo.

I dati Istat infatti ci dicono che tra i 15 e i 64 anni coloro che non lavorano a tempo pieno e che vorrebbero un contratto full-time sono oltre il 50%, con una maggiore incidenza soprattutto negli uomini, ormai sempre più impossibilitati a trovare spazi lavorativi. Non se la passa certamente meglio l’altra metà del Paese, con le donne che continuano ad avere un’incidenza lavorativa più bassa rispetto agli standard dell’Europa. Come detto, il potere d’acquisto oggi è fortemente compromesso, e ciò si ripercuote su tutta l’economia. Anche tra gli occupati, le retribuzioni non reggono il passo dell’inflazione e le famiglie si sono ritrovate con spese sempre più grandi da affrontare, e quindi sempre più povere.

I giovani, con il loro lavoro precario, sono coloro che percepiscono maggiormente questo disagio, ma è tutta l’economia del Paese a risentirne. Avere poco potere d’acquisto significa non poter spendere, non poter soddisfare i propri desideri, e di conseguenza coloro che offrono tali desideri non vendono. È un circolo vizioso dal quale non sembra esserci soluzione per uscirne. Le conseguenze sono chiare sin da subito; il numero dei giovani è in calo e cala sempre più anche quello delle nascite, con 200 mila bambini in meno nel 2023 rispetto all’anno precedente. Il calo demografico in Italia era stato negli ultimi tempi parzialmente attenuato dalla presenza degli stranieri, ma ora anche loro stanno smettendo di fare figli.

I punti chiave…

  • aumenta la percentuale di giovani che vivono ancora con mamma e papà;
  • il 67,4% dei giovani nella fascia tra i 18 e i 35 anni sta a casa dei genitori;
  • i dati Istat inquadrano una condizione inquietante, in netto calo anche le nascite.