Lo scorso anno lo spauracchio della rimozione in alcune determinate circostanze. Ora quello del mancato aumento, a fronte di uno dei periodi peggiori sul piano dei rincari e dell’inflazione. Il futuro della pensione di invalidità richiede chiarezza.

Quella che ha provato a are il presidente dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (Anmic), Nazario Pagano, intervenuto ai microfoni di Radio Anmic 24 proprio per disperdere le nubi sull’aumento del trattamento previdenziale. Non tanto per la mancata volontà di affrontare la questione a livello istituzionale (visto che nei mesi scorsi se n’era parlato con una discreta insistenza) ma soprattutto per determinare se l’auspicato scatto in avanti degli importi rientri ancora tra le priorità del governo.

Per il momento, Pagano si è mantenuto prudente, dando però indicazioni più negative che positive. Segno evidente che, nonostante il tavolo attivo sul fronte pensioni, il tema dei trattamenti di invalidità resta (per ora) più indietro nella graduatoria delle priorità.

Il trend del momento ricalca in buona sostanza quanto già accaduto in passato. Ritocchi sì, aumenti eri e propri no. Almeno non nelle cifre attese e col rischio di edere qualche paletto in più del previsto tra requisiti e fruitori. Secondo il presidente di Anmic, infatti, anche questo esecutivo potrebbe glissare sull’aumento delle pensioni di invalidità, o comunque non spostare più di tanto gli equilibri a fronte di un piano previdenziale che, da qui al prossimo anno, dovrà trovare l’assetto definitivo in termini generali prima di dar spazio alle varie voci. Da qui l’appello di Pagano (e per estensione delle arie associazioni di categoria) affinché possa perlomeno essere snellita la procedura burocratica per l’imbastimento dei ritocchi sugli assegni.

Pensioni di invalidità, aumento a rischio: cosa sta succedendo al tavolo tra governo e sindacati

Il problema è sempre lo stesso: lo squilibrio tra importi percepiti e spesa pro capite di ciascuna famiglia.

A maggior ragione quelle che, nel proprio stato, annoverano componenti affetti da disabilità. Chiaramente, il nodo è quello storico, ossia gli assegni bassi. O, a ogni modo, non adeguati al tenore di spesa che contraddistingue giocoforza i contribuenti. Specie in un momento di inflazione preponderante e al netto della perequazione attuata. Il tema delle pensioni di invalidità, quindi, resta al momento appeso alle discussioni in corso sulla riforma del sistema previdenziale, dalle quali uscirà fuori, probabilmente, anche il futuro degli assegni per gli invalidi. È probabile che l’impostazione complessiva resti la stessa, sia in termini di potenziali fruitori (mutilati e invalidi civili totali e parziali maggiorenni, ciechi civili assoluti e sordomuti che abbiano compiuto 18 anni) che di requisiti reddituali.

Su questo fronte, per il 2023, sono preisti 17.920 euro per gli invalidi totali e 5.391,88 euro per i parziali e i minori. Entrambi i parametri sono aumentati rispetto al 2022. Per quel che riguarda l’aumento degli assegni in senso stretto, dell’argomento non si parla più, almeno non in termini ufficiali, dalla scorsa primavera. C’è da dire che, per edere gli effetti reali della riforma, il governo ha invitato ad attendere il 2024. Anno “di prova” in vista dell’entrata in vigore dell’atteso nuovo sistema previdenziale italiano per il  2025. Probabilmente se ne saprà di più a giochi fatti.

Riassumendo

  • Per il 2023 potrebbero slittare le discussioni sull’adeguamento degli assegni delle pensioni di invalidità;
  • le associazioni di categoria alzano il pressing affinché il tema sia inserito nell’assetto previdenziale del 2024;
  • restano alidi i consueti parametri, sia reddituali che di percentuali di invalidità.