Come si andrà in pensione nel 2024? E’ questa la domanda che si pongono migliaia di lavoratori ancora in attesa di capire cosa il governo ha intenzione di fare a partire dal prossimo anno. La strada tracciata finora è quella di un graduale ritorno alle regole Fornero dopo il termine di Quota 100 e che si completerà con la fine di Quota 103.

Una strada che non piace ai lavoratori, abituati alle uscite anticipate grazie alle deroghe varate dai vari governi. Ma le esigenze di bilancio e la corsa inarrestabile della spesa pensionistica stanno mettendo a dura prova la tenuta dei conti pubblici.

Così, in assenza di interventi, pochissime strade restano da percorrere per uscire prima dal lavoro.

Riforma pensioni sempre più difficile

La riforma pensioni, del resto, è ancora in fase di stallo e l’Inps è preoccupata per l’esplosione della spesa a causa dell’inflazione. Nel 2022 il costo per le pensioni è salito a quota 231 miliardi di euro. Il 12% del Pil con una previsione di salita fino al 15% entro il 2035.

Numeri che non lasciano il benché minimo spazio a una riforma che abbassi l’età pensionabile rispetto ai requisiti Fornero. Perché non è più possibile effettuare scostamenti di bilancio e finanziare prepensionamenti a debito. Pena il dissesto finanziario dell’Inps.

Tenendo conto della previsioni demografiche dell’Istat e di quelle contenute nei documenti di finanza pubblica – fa notare l’Istituto – il rischio è di arrivare a fine 2029 con un patrimonio netto negativo di 92 miliardi di euro.

Quota 41 ma solo col contributivo

In questo contesto, senza soldi, le strade per le riforme sono molto strette. Sul tavolo del Ministero del Lavoro ci sono due progetti che potrebbero essere realizzati a partire 2024 con la fine di Quota 103. Uno è quello di Quota 41 e l’altro riguarda la proposta dell’Inps per una pensione flessibile a partire da 63-64 anni di età.

La più accreditata è la prima e consisterebbe nella possibilità di andare in pensione dopo 41 anni di lavoro indipendentemente dall’età. Ma a una condizione: che la pensione sia ricalcolata interamente col sistema contributivo. Come avviene oggi per Opzione Donna.

In pratica, il lavoratore che accetta di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica potrebbe ottenere una pensione anticipata ma solo se disposto a migrare i contributi versati dal sistema retributivo a quello contributivo. Ne deriverebbe una penalizzazione di circa il 10% dell’assegno per il 2024. Percentuale che si ridurrebbe per chi andrà in pensione negli anni successivi.

La pensione in due tranches

L’altra soluzione è la pensione in due tranches proposta dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Una strada anche più economica e flessibile. Una pensione a rate, in altre parole, con uscita iniziale a 63-64 anni con almeno 20 di contributi per la sola parte contributiva maturata. A cui si aggiungerebbe la restante parte retributiva della pensione al raggiungimento dei 67 anni di età. In questo caso, la spesa sarebbe di soli 500 milioni nel 2024, mentre salirebbe a 1,5 miliardi nel 2025 per terminare a 2,5 miliardi nel 2029.

La riforma dovrebbe essere accompagnata anche dalla possibilità di restare al lavoro al momento dell’uscita a 63-64 anni. A tal fine potrebbe essere applicato il bonus Maroni già in vigore quest’anno per coloro che maturano il diritto ad andare in pensione con Quota 103.

Riassumendo…

  • Per il dopo Quota 103, due alternative possibili e poco costose per andare in pensione prima.
  • La spesa per le pensioni in continuo aumento frena i piani di riforma del governo.
  • Quota 41 col ricalcolo interamente contributivo è già in discussione da tempo.
  • La pensione in due tranches proposta dall’Inps per mandare in pensione i lavoratori a 63-64 anni.