Quanti anni hai? Abbiamo imparato dal galateo che non è elegante chiedere l’età ad una donna. Però non è questa l’unica imbarazzante domanda a cui molte donne rispondono con una bugia. L’altro grande tabù figlio della nostra società sono i soldi. Il fenomeno prende il nome di nudismo finanziario e cela un paradosso di cui molte persone, ma soprattutto le donne, sono vittime (e carnefici al tempo stesso).

Ci spogliamo con sempre più facilità (il successo di OnlyFans parla da solo!) ma quando si tratta di togliere qualcosa di più intimo dei vestiti le cose si complicano.

Mettersi a nudo veramente: non per apparire ma per essere. Chi osa farlo?

La domanda a cui molte donne rispondono con una bugia (e non è l’età)

“Quanto guadagni?” o “quanti soldi hai sul conto in banca?”. Sono domande che in pochi osano fare. E ancora meno quelli che rispondono senza problemi (o senza mentire). Parlare di soldi è un tabù. E la motivazione è allarmante.

Il primo motivo è che gli stipendi sono bassi. E non stupisce da questo punto di vista che a non rispondere a questa domanda siano soprattutto le donne. I recenti dati statistici confermano che il gender gap salariale è ancora una piaga attuale. A parità di carriera le donne guadagnano (ancora oggi) meno degli uomini. E purtroppo spesso hanno carriere discontinue a causa di maternità, periodi di cura della famiglia etc. Tutto questo si riflette anche sull’importo della pensione futura delle lavoratrici. 

Abbiamo trasformato i soldi nella nostra scala di valori

Sappiamo bene che viviamo nell’epoca del precariato e che l’Italia è tra i Paesi con gli stipendi più bassi d’Europa. Eppure, nonostante questa consapevolezza, le persone si vergognano ad ammettere che sono sottopagate. Come se fosse colpa loro o, ancora più grave, fosse indice del loro valore.

Così non facciamo peraltro che alimentare la disparità salariale. A stento sappiamo quanto guadagna il collega vicino di scrivania. Così facendo ostacoliamo la consapevolezza finanziaria che potrebbe aiutarci a cambiare le cose.

Quanto guadagni non significa quanto vali

Ne è fermamente convinta Annalisa Monfreda, ex direttrice di Donna Moderna, che da questo tabù finanziario dei nostri tempi ha creato una start up innovativa.

L’ha chiamata ’Rame’ richiamando le monetine ce i turisti lanciano nelle fontane esprimendo un desiderio, per rimarcare l’associazione della ricchezza economica al sogno. Del progetto fa parte anche Montserrat Fernandez Blanco che nel 2009 è stata pioniera del co-working.

Rame propone podcast e una newsletter settimanale incentrate proprio sul tabù economico. Parlare di soldi, di stipendi ma anche di fallimenti imprenditoriali, che sono all’ordine del giorno, senza vergogna. Perché “quando si rompe un tabù si apre una diga”. Un format molto seguito che abbiamo scoperto per caso e che vogliamo condividere con i nostri lettori, anche in risposta di quanti ci scrivono chiedendo consulenze perché indecisi se accettare lavori sottopagati, se aprire o no la partita IVA oppure preoccupati perché sull’orlo del fallimento. Anche noi abbiamo notato che molte di queste email chiedono di mantenere l’anonimato.

Lo diresti in piazza?

Ora Rame sta anche girando l’Italia con incontri aperti a chiunque si sente di salire sul palco mettendosi a nudo e rispondendo a domande come “quanto guadagni” o “quanti soldi hai sul conto” senza mentire e, soprattutto, senza vergognarsi.

Prossimo appuntamento domani , 10 maggio alle 18,30, a Firenze, nella sede di Nana Bianca in piazza del Cestello.  A sfidare il nudismo finanziario sarà Roberto Recchioni, uno dei più noti fumettisti italiani.

Il pubblico può partecipare ed è chiamato a riflettere: siamo veramente quello che guadagniamo? La nostra identità si misura con l’importo del conto in banca?