Aziende, datori di lavoro e dipendenti di tutto il mondo stanno toccando con mano per la prima volta gli effetti benefici della settimana lavorativa di quattro giorni. La rivoluzione del mondo del lavoro è arrivata anche in Italia, dove è stata presa a modello soprattutto dai grandi gruppi su tutti Intesa Sanpaolo, dove la sperimentazione ha avuto inizio a partire dal mese di gennaio. Come riporta un approfondimento del Corriere della Sera, a margine di un evento in onore dei 125 anni dell’Inps il numero uno della Cisl Luigi Sbarra ha parlato della nuova settimana lavorativa di 4 giorni come “una sfida che va raccolta senza demagogie e nel solco della contrattazione“.
I vantaggi della settimana corta di 4 giorni
Un recente studio dell’organizzazione 4 Day Week Global, il più importante mai svolto fino ad oggi, ha coinvolto circa 2.900 lavoratori e più di 60 aziende. L’esperimento si è basato sul modello 100-80-100: 100% del salario per l’80% delle ore di lavoro in cambio del 100% della produzione. Risultato? Produttività al top, i ricavi in aumento e il fatturato invariato. Da qui ne conseguono vantaggi più o meno tangibili anche per le aziende. In primis la maggiore attrattività agli occhi delle persone in cerca di lavoro flessibile, persone che di solito sono anche quelle più preparate.
Un altro vantaggio riguarda l’innovazione, dato che per supportare la nuova settimana lavorativa l’azienda deve per forza di cose innovarsi a livello organizzativo. C’è poi tutto un discorso legato al benessere dei lavoratori. Con quest’ultimi che provano un maggiore senso di appartenenza nei confronti dell’azienda, avendo chiara la percezione di come la loro attività abbia un valore concreto. C’è infine da prendere in considerazione l’elemento della produttività.
Settimana lavorativa di 4 giorni, la proposta di Luigi Sbarra (Cisl)
Per il numero uno della Cisl Luigi Sbarra, l’idea è di partire con una sperimentazione su base volontaria. Andando quindi a sviluppare un accordo quadro su 100 imprese medie e grandi. Secondo il sindacalista, è necessario “capitalizzare le possibilità delle nuove tecnologie”, senza dimenticare l’importanza di un’organizzazione del lavoro “più flessibile e partecipata”.