Dal 2019 a oggi il sistema previdenziale italiano è stato interessato da numerose nuove misure. Tutto ha avuto inizio con il noto “decretone” che introdusse per la prima volta la quota 100 insieme al reddito di cittadinanza. Da quel momento si è passati poi alla quota 102 e alla quota 103. Nel frattempo, confermata sempre fino al 2024 un’altra misura, cioè l’Ape sociale che però nacque nel 2017.
Tutte misure pensionistiche anticipate e diverse per requisiti, ma con le novità del 2024, accomunate da un fattore. Si tratta di misure di pensionamento flessibile che non consentono, a chi le sfrutta, di proseguire o di attivare l’attività lavorativa.
“Salve, gentili esperti della redazione di Investire Oggi, volevo porvi un mio personale quesito. Sono in pensione dal 2021 con la quota 100. Appena ho compiuto i 62 anni di età ho sfruttato l’occasione uscendo con 38 anni di contributi esatti. Nel frattempo ho continuato a svolgere saltuariamente una professione (sono un commercialista). Poca roba fino a oggi. Faccio consulenza su lavoro e tasse e, per esempio, faccio le dichiarazioni dei redditi a diversi clienti che stanno aumentando sempre di più. Volevo capire come controllare il tetto dei 5.000 euro di reddito da non superare per non perdere la pensione. Infatti so che devo restare sotto questa soglia per via del divieto di cumulo. Se faccio passare alcuni compensi sotto forma di rimborsi spesa evito danni? Vi prego di darmi un consiglio perché ho timore di eventuali sorprese negative da parte dell’INPS.
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Niente pensione a chi supera 5.000 euro di reddito, ecco il rischio che molti corrono senza saperlo
Chi è in pensione con una qualsiasi delle misure per quotisti è assoggettato al divieto di cumulo dei redditi di pensione con i redditi da lavoro.
Innanzi tutto occhio all’anno di riferimento che è quello solare. Pertanto, attenti al principio di cassa perché basta un pagamento posticipato di qualche cliente all’anno successivo, e si corre il rischio di sforare il tetto dei 5.000 euro. Attenzione però anche al carattere occasionale della prestazione. Perché non incide solo il reddito. Bisogna che effettivamente l’attività di lavoro autonomo svolta abbia nella caratteristica della occasionalità il principio base.
Cos’è il lavoro autonomo occasionale e come impatta sulla pensione
Per definizione il lavoro autonomo occasionale è come lo si legge nell’ex articolo 2222 del Codice Civile. Il lavoro autonomo occasionale viene definito anche contratto d’opera e non è altro che quella particolare attività che si materializza “quando una persona si obbliga a compiere nei confronti del committente, dietro compenso, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione”.
Caratteristiche fondamentali di tali attività spesso svolte da professionisti sono:
- prestazione di lavoro prevalentemente personale;
- nessun vincolo di subordinazione;
- corresponsione di un corrispettivo che dalla totalità dei committenti non supera 5.000 euro per anno solare;
- oggetto della prestazione un servizio o un’opera.
Anche il fatturare costantemente per le prestazioni svolte, può essere un errore visto che si rischia il venir meno del fattore della saltuarietà dell’attività. Sicuramente sono tanti i già pensionati che continuano a svolgere determinate attività professionali dietro compenso.
Chi è in pensione con le misure ordinarie può anche non considerare vincoli e limiti. Chi invece è in pensione con le misure prima citate, corre dei rischi.
Basta poco e addio pensione, ecco quando il lavoro autonomo occasionale è pericoloso
Anche pochi centesimi in più è il danno è fatto, perché non sempre è facile capire dove fermarsi per non superare la soglia dei 5.000 euro. Oggi dimostreremo proprio questa facilità, perché grazie all’interpello n° 482 del 2022 l’Agenzia delle Entrate spiega come anche i rimborsi spesa di cui parla il nostro lettore, fanno reddito.
Infatti, secondo il Fisco italiano, il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.
In altri termini, il reddito da considerare e da non superare è dato dal compensi percepiti meno spese sostenute. Ma se queste spese sono state rimborsate dai “clienti”, tornano ad essere da considerare nei redditi complessivi. Perché tali spese sono portare in deduzione dal reddito da parte del prestatore d’opera o di servizio.
Il rimborso spesa diventa reddito imponibile
Le somme percepite sotto forma di un ristoro delle spese sostenute dal professionista per la produzione del reddito devono essere assoggettate a imposizione e quindi entrano a far parte del reddito complessivo anche se precedentemente dedotte proprio per la natura che hanno. Per questo anche se qualcuno può pensare a questa soluzione per evitare problemi con le pensioni, si tratta di un pensiero sbagliato.
Perciò anche il nostro lettore quando considera queste cose deve valutare bene il da farsi. La sua pensione con quota 100 è assoggettata a questi vincoli e corre il rischio di perderla. Ricordiamo che per quanti sono andati in pensione con una qualsiasi delle misure prima citate dove vige il divieto di cumulo, si tratta di un divieto temporaneo.
Infatti esso cesserà non appena il diretto interessato compirà 67 anni di età. Sia per le misure dei quotisti che per l’Ape sociale, a 67 anni viene meno il divieto di cumulare i redditi da pensione con i redditi da lavoro.