L’agenzia delle entrate, con la risposta all’interpello n. 432/2021, ha fornito utili chiarimenti in merito al cosiddetto bonus adeguamento degli ambienti di lavoro nel caso di una fondazione che esercita attività commerciale. Vediamo meglio di cosa si tratta.
Il quesito del contribuente
L’istante in è una Fondazione che contribuisce all’elaborazione e alla diffusione della cultura.
Sotto il profilo fiscale, i ricavi conseguiti dallo svolgimento delle predette attività sono indicati nei modelli dichiarativi relativi agli enti commerciali.
Nel corso del 2020, l’Ente ha effettuato alcuni investimenti per garantire la didattica a distanza e assicurare lo “smart working” al personale dipendente.
Ciò posto, l’istante chiede all’Agenzia delle entrate se con tali investimenti è possibile usufruire del cosiddetto Bonus adeguamento degli ambienti di lavoro.
No al bonus adeguamento ambienti di lavoro
Con riferimento all’ambito soggettivo della misura, la circolare n. 20/E del 2020 ha puntualizzato che il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro è riconosciuto «ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore».
In particolare, deve trattarsi di:
- a) attività di impresa, arte o professione esercitata in luogo aperto al pubblico ricompresa nell’elenco di cui all’allegato 1;
- b) associazioni, fondazioni e altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore.
Nel caso in esame, spiega l’Agenzia elle entrate, la fondazione istante dichiara di svolgere attività commerciale.
Pertanto, la stessa non può essere inclusa nel novero dei soggetti di cui alla lettera b) dell’elenco sopra riportato, dovendosi invece ricondurre nella categoria individuata dalla lettera a) e, non operando nei settori di cui ai codici ATECO di cui all’allegato 1, “non può fruire del credito d’imposta previsto dalla disciplina in argomento, per assenza del requisito soggettivo”.
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