Con la ripresa dell’attività parlamentare, si torna a parlare anche della riforma pensioni 2024. Per questo mese è previsto anche il confronto fra governo e sindacati su come procedere con l’anno nuovo. Anche perchè entro fine settembre ci sarà la nota di aggiornamento (Nadef), preludio alla stesura della bozza alla legge di bilancio.
Le speranze di superare la Fornero con una riforma strutturale sono però ridotte al lumicino. Tutto rinviato per mancanza di fondi e per via dell’inflazione. A sgombrare il campo da ogni dubbio è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha recentemente detto che non si potrà arrivare dappertutto e che in assenza di ripresa della natalità qualsiasi riforma pensioni sarà insostenibile in futuro.
Niente pensione con Quota 41 per il 2024, costa troppo
Quindi niente Quota 41, cavallo di battaglia della Lega. Mandare tutti in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età costerebbe troppo e i (pochi) soldi che ci sono servono per rivalutare le pensioni in pagamento nel 2024. Ma non è solo colpa dell’inflazione.
All’orizzonte le domande di pensionamento – secondo le proiezioni Inps – stanno aumentando. Nei prossimi anni cominceranno a uscire a un ritmo più sostenuto i baby boomers degli anni ’60, frenati finora dalla riforma Fornero. Gli argini eretti nel 2012 dal governo Monti saranno quindi superati e la spesa pensionistica toccherà il 17% del Pil nelle previsioni degli economisti.
La riforma pensioni con Quota 41 sarà quindi rinviata sine die. Anche perché, obiettivamente parlando, avrebbe poco senso implementare una misura del genere quando già oggi con le regole vigenti si può lasciare il lavoro con 41 anni e 10 mesi di contributi (42 anni e 10 mesi per gli uomini). In questo senso, Quota 41 non risolverebbe un granché in fatto di pensioni anticipate.
Le alternative alla pensione anticipata con Quota 41
Quali alternative resterebbero quindi? A parte le pensioni anticipate previste dalle regole Fornero, è possibile lasciare il lavoro con 41 anni di contributi se si ha cominciato a lavorare presto.
Esiste, poi, la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, ma solo per i militari, gli appartenenti alle forze armate e i vigili del fuoco. Una vecchia normativa che non è stata toccata dalla riforma Fornero e che, nei fatti, è poco sfruttata potendo gli aventi diritto uscire prima sfruttando il canale previsto per le pensioni di anzianità.
C’è poi Quota 103 che – secondo persistenti indiscrezioni – potrebbe essere prorogata al 2024. La misura prevede appunto l’uscita con 41 anni di contributi a patto, però, che si abbiano almeno 62 anni di età. Solo la combinazione di questi due fattori dà diritto alla pensione anticipata con questa quota.
L’opzione contributiva dopo 41 anni di lavoro
Il rinvio della riforma pensioni con Quota 41 alleggerirà il carico di spesa previdenziale. Come noto, attualmente chi ha 41 anni di contributi (si pensi ai precoci, ad esempio) ottiene una pensione calcolata per 27 anni nel sistema contributivo e 14 in quello retributivo. L’importo della pensione pesa ancora per circa un terzo del montante su un sistema di calcolo troppo oneroso per lo Stato. Da qui, la decisione di rinviare la riforma.
Nelle intenzioni del governo c’era l’intenzione (e per certo versi c’è ancora) di offrire l’opzione di Quota 41 con il ricalcolo interamente contributivo, ma i sindacati hanno già espresso la loro ferma contrarietà. Così il progetto è tramontato. Ma se ne riparlerà ancora.
Riassumendo…
- La riforma pensioni torna al centro dell’attenzione del dibattito fra governo e sindacati.
- Quota 41 sembra ormai destinata a essere rinviata a tempi migliori.
- Con 41 anni di lavoro si può attualmente uscire se si è precoci o si hanno almeno 62 anni di età.
- Quota 103 potrebbe essere prorogata di un altro anno in alternativa alla riforma con Quota 41.