La guerra in Ucraina sta mettendo sotto pressione anche l’agenda di governo per la riforma pensioni. Gli incontri fra i tecnici del Ministero del Lavoro e i sindacati sono stati rinviati a tempi migliori.
C’è anche da dire che siamo a marzo e la riforma delle pensioni vedrà la luce nel 2023. Quindi c’è ancora tempo per discuterne ampiamente e alcuni passi avanti sono stati già fatti. Anche alla luce dei recenti dati statistici.
Riforma pensioni in standby
Il più importante è quello legato alla speranza di vita che è scesa a causa della pandemia e ha congelato gli adeguamenti dell’età pensionabile.
Anche le pensioni anticipate con 42 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in meno per le donne) indipendentemente dall’età resteranno bloccate fino al 2026.
Sulla scorta di questi punti fermi, quindi, si riprenderà a confrontarsi per quanto concerne le uscite anticipate a partire dal 2026. La fine di quota 100 e l’introduzione di quota 102 hanno infatti instradato il percorso verso un innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni.
Le uscite anticipate
Lo scenario economico impone una profonda quanto difficile revisione del sistema pensionistico. Il prossimo anno lo Stato dovrà fare i conti con l’impennata dell’inflazione causata dallo scoppio della guerra in Ucraina.
Le pensioni dovranno essere rivalutate più di quest’anno per cui il governo dovrà impegnarsi maggiormente sugli assegni in pagamento e stanziare altri miliardi. E, considerato che il premier Draghi – come ha ribadito – non è disposto a tollerare ulteriori scostamenti di bilancio per finanziare le pensioni, è lecito domandarsi come si riuscirà a far quadrare i conti.
Il contesto darà sicuramente più potere al governo per raggiunger l’obiettivo prefissato. Cioè quello di penalizzare chi vuole andare in pensione qualche anno prima rispetto ai 67 anni di età.