Chi ha avuto la fortuna di seguire negli anni Novanta “Casa Vianello”, ricorderà che ogni puntata della fortunata sit-com comica finiva con l’indimenticabile Sandra Mondaini a letto a sbuffare “che barba, che noia!; che noia, che barba!”. E mentre scalciava sotto le coperte, il marito Raimondo Vianello la guardava impassibile continuando a leggere il giornale. Mutatis mutandis, è quello che avrebbero pronunciato idealmente i giornalisti ieri al termine del discorso tenuto dal governatore della Banca Centrale Europea (BCE) sui tassi d’interesse.
A seguito di questo ragionamento, ha spiegato che la stretta monetaria di Francoforte non è finita e che anche a luglio i tassi BCE saliranno. Tutte le agenzie di stampa hanno battuto ieri la notizia in prima pagine, spesso anche come primo titolo, come se si trattasse di una novità assoluta. Invece, tutto è stato tranne che un discorso con spunti nuovi. Lagarde non ha fatto altro che ripetere, fin troppo a pappagallo per essere sinceri, il contenuto del comunicato post-board del 16 giugno scorso. Anche in quell’occasione si evidenziava che l’inflazione resti elevata e notevolmente sopra il target. L’unica differenza è che in quell’occasione non ci si legava le mani con l’annuncio di un nuovo aumento dei tassi BCE ai board successivi. Ma era evidente dal tenore delle frasi che ciò sarebbe accaduto.
Area Euro verso recessione “controllata”
Ieri, semmai Lagarde ha compiuto un passo in avanti con l’ufficializzazione di una decisione ormai scontata dal mercato per fine mese prossimo. L’unica anomalia, se vogliamo, è stata che il numero uno di una banca centrale abbia sostanzialmente anticipato di un mese le decisioni del board che presiede.
Etichetta a parte, fa male il governo italiano a sparare contro ogni dichiarazione di Lagarde sui tassi BCE. In primis, perché questo atteggiamento non muterà di una virgola la posizione di Francoforte. Secondariamente, perché quel timore di “recessione“ di cui parlava ieri il vice-premier Antonio Tajani è proprio lo scenario a cui tende la banca centrale, pur senza dichiararlo esplicitamente. L’inflazione è alta ed è stata scatenata da una carenza di offerta di materie prime, non da un eccesso di domanda. Su questo ha ragione Tajani. Solo che questo discorso valeva parzialmente un anno fa, mentre oggi i prezzi al consumo continuano a correre per le aspettative che si sono generate sul mercato. Ogni categoria cerca di alzare il proprio reddito in modo da compensare gli aumenti dei costi accusati nei mesi passati. Così facendo, però, sta perpetuando l’inflazione.
E’ per questa ragione che i tassi BCE non potranno che salire anche a luglio. Bisogna convincere lavoratori, imprese, consumatori e investitori che l’inflazione è stata alta nell’ultimo periodo, ma si stabilizzerà attorno al target del 2% quanto prima. Solo così inizieranno a pretendere aumenti, vuoi salariali o dei ricavi, più bassi. E come far cambiare loro idea? Visto che con le buone non sta funzionando granché, bisogna farlo con le cattive. Servirà contrarre l’attività economica per giungere alla riduzione dei prezzi in alcuni comparti e trasmettere un senso di stabilità monetaria. Per essere più brutali, ben venga finanche una recessione moderata e sotto controllo, così da riportare un po’ di ordine.
Rialzo tassi BCE tardivo e ora più doloroso
Attenzione, perché tanto cinismo non esenta la BCE dalle proprie responsabilità.
C’è da dire che gli input arrivati al governatore non erano stati esattamente lungimiranti. Se avessimo ascoltato le solite “colombe” del Sud Europa, ancora staremmo tenendo i tassi a zero e l’inflazione magari sarebbe esplosa ai livelli turchi. Dunque, va benissimo criticare Lagarde per la sua inconsistenza, ma a patto di riconoscere che le colpe siano più generalizzate e ammettere che le vagonate di liquidità iniettata sui mercati negli anni passati siano state una bomba ad orologeria, oltre che scarsamente efficaci ai fini del sostegno all’economia reale.