Lo scorso mese, dopo che la Corea del Nord iniziava il lancio di quattro missili balistici a media gittata, segnalando al mondo la sua avanzata nella costruzione di un proprio arsenale nucleare, la Cina aveva annunciato il congelamento delle importazioni di carbone dal paese, cosa che se fosse tradotta in realtà manderebbe l’economia pianificata e fortemente dirigista di Pyongyang a gambe per aria. A poche settimane da quell’annuncio, però, pare che le relazioni commerciali tra i due paesi confinanti siano rimaste praticamente intatte.
La Cina importa ogni anno dalla Corea del Nord intorno a 2,5 miliardi di dollari di merci, quasi del tutto carbone e ferro. Al contempo, però, vi esporta tra i 3 e i 4 miliardi di dollari, per cui Pechino vanta un avanzo commerciale con Pyongyang, per quanto risibile rispetto a quello complessivo, ma per quest’ultima rappresenta il 90% delle relazioni commerciali. (Leggi anche: Viaggio in Corea del Nord a 360 gradi)
I timori della Cina
Come mai i cinesi evitano il colpo del KO con il vicino sempre più imbarazzante e aggressivo sul palcoscenico internazionale? Se smettessero di importare materie prime, la Corea del Nord cadrebbe in depressione economica, anche se non è detto che il regime crolli, avendo superato indenne, grazie alla spietatezza utilizzata, persino la carestia degli anni Novanta, quando morì un milione di persone e il pil crollò di circa il 70%.
La fine del regime di ispirazione staliniana potrebbe anche essere accolta con un sospiro di sollievo nel mondo, ma creerebbe un potenziale caos alla frontiera nord-orientale con la Cina, con milioni di persone che si riverserebbero nelle già povere province cinesi confinanti. Il collasso di Pyongyang, poi, potrebbe portare a una riunificazione con la Corea del Sud, cosa che Pechino vede come fumo negli occhi. Meglio un alleato scomodo che un nemico alle sue frontiere, quindi.