La possibilità di emettere note di variazione IVA (note di credito) a rettifica di una fattura precedentemente emessa, ricordiamo che è prevista dal comma 2 art. 26 del decreto IVA (DPR n. 633 del 1972) dove è detto quanto segue
“Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose o a seguito di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n.
267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del medesimo regio decreto n. 267 del 1942, pubblicato nel registro delle imprese o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”.
In merito ai tempi di emissione, la nota di credito può essere emessa al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (vedi anche Note di credito: entro quando vanno emesse?).
Negata la nota di credito nel concordato preventivo: ok al rimborso
In ambito di concordato preventivo (procedure concorsuali) l’Amministrazione finanziaria, nel Principio di diritto n. 4 del 9 febbraio 2021, ha chiarito che
dalla posizione di soggetto terzo rispetto ai rapporti originari deriva l’impossibilità per l’assuntore, anche se inadempiente o fallito, di essere destinatario delle note di variazione ai fini IVA, sia quelle riferibili alle somme falcidiate dal concordato – da destinare al debitore originario – , sia quelle riferibili al debito concordatario che il medesimo si è impegnato a corrispondere, e per il quale, in caso di fallimento, il creditore potrebbe essersi insinuato.
L’IVA relativa al debito concordatario non corrisposto dall’assuntore fallito, non recuperabile mediante le note di variazione, può, invece, essere chiesta a rimborso a pena di decadenza
- entro due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (e, quindi, dalla data in cui diviene definitivo il piano di riparto dell’attivo del fallimento ovvero, in assenza di un piano, dalla data di chiusura della procedura fallimentare dell’assuntore.