Fra poco meno di due mesi si torna a votare per il rinnovo del Parlamento. I partiti hanno già dato il via alla campagna elettorale, ma senza scoprire del tutto le loro carte. E fra queste c’è anche la patrimoniale pronta ad essere applicata, ma solo a giochi fatti.
Il debito pubblico enorme accumulato dall’Italia e le pressioni dall’estero per ridurlo, in assenza di crescita e riforme, impongono il ricorso a strumenti drastici. Come la patrimoniale una tantum o ricorrente sulle grandi e medie ricchezze.
Chi vuole la patrimoniale
Ma chi vuole veramente la patrimoniale? In teoria nessuno, anche se notoriamente è la sinistra che spinge. Al momento però tace sull’argomento, visto che deve recuperare consensi dopo essersi alleata con il M5S che ha fatto saltare il governo Draghi.
Il bancomat preferito, si sa, è la casa e i depositi bancari. Ma anche i redditi alti che, secondo alcuni politici, sarebbero da bastonare a morte. Come se chi lavora, fa impresa e crea benessere sociale non abbia il diritto di arricchirsi.
La scusa per metterla sarebbe presto trovata: i costi della guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione, il debito causato dal reddito di cittadinanza, ecc. Tutte valide ragioni, ma che difficilmente troverebbero consenso fra la popolazione prima delle votazioni il 25 settembre.
Dalle tasse sulla casa alle rendite finanziarie
La casa sarebbe il primo obiettivo della patrimoniale. Tornerebbe probabilmente l’imposta (Imu) sulla prima abitazione e verrebbe rincarata la dose sulle seconde case. Anche perché i Comuni hanno sempre più bisogno di fare cassa. La riforma del catasto, tanto osteggiata e bloccata dalla Lega, sarebbe un primo passo per fregare gli italiani.
Poi ci sono i depositi bancari e le rendite finanziarie. I primi sono già tassati, ma l’aliquota (0,2%) potrebbe aumentare dalla sera alla mattina. Mentre le rendite finanziarie erano già entrate nel mirino del governo Draghi, spinto dall’ala sinistra della maggioranza, che chiedeva con forza un adeguamento fiscale coi redditi da lavoro.
In altre parole, tassare Bot, Btp e Buoni Fruttiferi Postali il doppio rispetto ad adesso, cioè al 26% (anziché al 12,50%), avrebbe armonizzato le entrate secondo principi di equità fiscale. Tutte belle parole che finora sono rimaste tali. Ma cosa potrebbe succedere se alle prossime elezioni la sinistra vincesse le elezioni?