La compagnia di crociere Carnival Corp. ha collocato sul mercato ieri nuove obbligazioni per un controvalore di 2 miliardi di dollari, importo aumentato dagli 1,5 miliardi inizialmente previsti. Si è trattato di una scadenza a 7,5 anni. Il rendimento esitato è stato del 6%. L’emittente userà i capitali raccolti per rimborsare il capitale e affrontare spese generali nel corso del 2022. Già di recente, Carnival aveva beneficiato di un prestito da 2,3 miliardi, attraverso il quale ha potuto rimborsare le obbligazioni con maxi-cedola 11,5% emesse nel 2020 e con scadenza triennale.
Carnival continua a restare ben sotto i livelli di attività pre-Covid, anche se prevede di utilizzare per intero la sua flotta entro la prossima primavera. In ogni caso, ancora oggi brucia liquidità, poiché i costi vivi per il mantenimento della flotta restano nettamente superiori alle entrate. Non a caso, il suo debito è stato declassato a “spazzatura” dalle agenzie di rating durante i primi mesi della pandemia. Moody’s gli assegna il giudizio B1, quattro gradini sotto il livello “investment grade” più basso. E l’outlook è negativo, facendo intendere che siano possibili ulteriori declassamenti.
Obbligazioni Carnival, rendimenti giù
Il debito di Carnival è esploso a 28 miliardi di dollari al terzo trimestre di quest’anno. Era di appena 9,7 miliardi a fine 2019, cioè prima della pandemia. Grazie alla capacità di rimpiazzare le obbligazioni costosissime emesse nella fase più critica, Bloomberg ha calcolato che Carnival riuscirebbe ad abbattere i costi per servire il debito di 250 milioni di dollari quest’anno. E il mercato sta apprezzando questa strategia, mostrandosi ottimista sul futuro della compagnia, se è vero che oggi le obbligazioni Carnival con cedola 11,50% rendano appena il 2,44%. Tanto per una scadenza residua di un anno e mezzo, ma in crollo verticale rispetto all’emissione della primavera 2020.
Le obbligazioni Carnival presentano, comunque, un altissimo rischio di credito, oltre che un rischio di cambio non indifferente per gli investitori dell’Eurozona per il caso di indebolimento del dollaro contro l’euro.