Agli inizi di agosto, il governo dell’Argentina riusciva a stringere un accordo con i creditori internazionali per la rinegoziazione di 66,2 miliardi di dollari di bond emessi sotto la legge americana. Essi sono stati decurtati per oltre la metà del loro valore e le cedole sono state abbassate, mentre le scadenze sono state allungate. La ristrutturazione è avvenuta tramite l’emissione a inizio settembre di nuovi 12 titoli di stato internazionali, con scadenze comprese tra il 2029 e il 2046.
Bond Argentina, ristrutturazione quasi conclusa e il mercato resta scettico
Il debutto dei nuovi bond è stato tutt’altro che positivo.
Questi numeri suggerirebbero che il rischio default temuto dagli investitori sia altissimo, anzi che il mercato si attenda che nei prossimi anni vi sarà un decimo default con probabilità del 75%. Lo si evince anche guardando all’andamento dei cosiddetti “credit default swaps” a 5 anni, che si acquistano a oltre 1.084 punti base.
Condizioni finanziarie restano precarie
In effetti, ristrutturazione a parte, il governo del presidente Alberto Fernandez non ha posto le condizioni per evitare che in futuro vi saranno nuove crisi fiscali in Argentina. L’economia, complice l’emergenza Covid, sta collassando e le riserve valutarie della banca centrale sono scese a un livello critico, tant’è che sono stati imposti controlli ai movimenti dei capitali, i quali di per sé non stanno frenando il crollo costante del cambio. Al mercato nero, un dollaro si acquista per oltre 140 pesos, mentre il tasso ufficiale era di 75,52 ieri.
Senza riforme, questione di tempo e Buenos Aires si ritroverà a gestire le stesse criticità di questi ultimi anni. Gli investitori hanno fiutato il rischio e pretendono di acquistare le obbligazioni di nuova emissione a prezzi stracciati, scottati dalla ristrutturazione da poco avvenuta, tra cui del bond a 100 anni, che era stato emesso solamente nel 2017 e accolto come il segno di una rinascita del paese sudamericano e dell’avvio di un nuovo corso.
Il bond in euro in scadenza nel 2038 e cedola iniziale dello 0,125% (ISIN: XS2177365017) è sceso a poco sopra dei 38 centesimi, mentre quello denominato in dollari e in scadenza nel 2046 e sempre cedola iniziale dello 0,125% (ISIN: US040114HW38) ieri si attestava sui 35,35 centesimi.