Nuovi importi pensione 2023: quali aumentano al 100% e quali con il taglio della rivalutazione

Come sono rivalutate le pensioni dal 2023. Sei nuove fasce che premiano i redditi fino a un certo importo ma che penalizzano i più alti con tagli anche significativi.
2 anni fa
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aumento pensioni minime 2025
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In arrivo nuove fasce di rivalutazione delle pensioni a partire dal 2023. Come ampiamente annunciato dall’esecutivo, si passerà dai tre scaglioni introdotti dal governo Prodi a sei nuove fasce con salvaguardia piena di chi prende fino a 4 volte la pensione minima.

Le pensioni dal 2023 saranno, quindi, rivalutate pienamente solo fino a un certo importo. Nulla di nuovo – come da attese della vigilia – vista l’enorme spesa che dovrà sostenere lo Stato per indicizzare le pensioni all’inflazione 2022 che è letteralmente esplosa.

Come anticipato da investireoggi.it lo scorso mese di ottobre, il governo aveva già allo studio una riforma della perequazione automatica sin dal suo insediamento. Del resto, rivalutare pienamente tutte le pensioni del 7,3% dal prossimo anno costerebbe troppo e non andrebbe nel senso di garantire equità sociale riducendo il divario fra chi prende di più e chi prende di meno. Così dal 1 gennaio 2023 le pensioni saranno indicizzate all’inflazione in base a nuove fasce. Vediamole

Nuove fasce di rivalutazione delle pensioni

Attualmente la legge prevede che le pensioni siano rivalutate al 100% solo fino a 4 volte l’importo del trattamento minimo. Invece, da 4 a 5 volte la perequazione automatica non è piena e scende al 90%. Mentre sopra le 5 volte, la rivalutazione scende al 75%.

In base al nuovo schema ministeriale, dal 2023 si dovrebbe partire da sei fasce di rivalutazione così preconfezionate:

  • 100% fino a 4 volte il trattamento minimo
  • 80% da 4 a 5 volte il trattamento minimo
  • 55% da 5 a 6 volte il trattamento minimo
  • 50% da 6 a 8 volte il trattamento minimo
  • 40% da 8 a 10 volte il trattamento minimo
  • 35% oltre le 10 volte il trattamento minimo

In pratica la pensione aumenterebbe, non già del 7,3% come previsto dal decreto recentemente firmato dal ministro all’Economia Giancarlo Giorgetti, ma meno in relazione al maggiore importo di pensione. Quindi secondo un meccanismo inversamente proporzionale alla rendita: più questa sale e meno è rivalutata. Con penalizzazione fino a circa due terzi per le pensioni da 5.700 euro in su.

Aumento pieno fino a 1.650 euro

Ma quali pensioni non subiranno tagli dal nuovo meccanismo di rivalutazione? Come detto, l’aumento sarà pieno solo per chi prende 2.280 euro al mese (circa 1.650 euro netti). Per chi, invece percepisce una pensione di 3.420 euro al mese (circa 2.200 euro netti), l’aumento sarà solo del 3,65%.

Percentuale ovviamente inadeguata a coprire i costi del carovita con perdita automatica del potere di acquisto. Il costo dell’inflazione, quindi, lo pagherà soprattutto la classe media. E più si sale, meno rivalutazione si percepisce. Fino alle pensioni che superano i 5.700 euro al mese per le quali gli incrementi saranno di circa un terzo del tasso fissato dal Mef al 7,3%. Quindi, circa 145 euro al mese.

A conti fatti, secondo i dati dell’Osservatorio Pensioni Inps, il taglio riguarda circa 3 milioni di pensioni i cui importi superano la soglia di 4 volte il trattamento minimo previsto per il 2023. Quindi circa il 15% delle pensioni in pagamento. In Italia. Il risparmio dovrebbe aggirarsi, secondo le prima stime, in 2,5 miliardi di euro.

Una riforma equa e sostenibile

Lo schema di riforma pensioni è già stato trasmesso da Palazzo Chigi al Parlamento che dovrà valutare e applicare con attenzione le nuove fasce di rivalutazione. Anche in caso di modifiche non sostanziali, la strada è tracciata. Nel senso che così facendo si andrà verso una maggiore equità e giustizia. Anche perché il contributo di solidarietà sulle pensioni di importo superiore a 100.000 euro è venuto meno lo scorso anno.

Non saranno certo contenti i pensionati d’oro e d’argento, ma il governo Meloni ha intenzione di agire per ridurre le diseguaglianze e salvaguardare le fasce di popolazione più in difficoltà. In questo senso, le pensioni minime dovrebbero essere incrementate fino a 570 euro al mese. Per poi salire ulteriormente a passo più ampio dell’indice di inflazione nel 2024.

Altra cosa certa è che i risparmi di spesa preventivati per le rivalutazioni delle pensioni il prossimo anno saranno utilizzati per finanziare le nuove uscite anticipate con Quota 103 e per innalzare gli importi delle pensioni minime. Quindi senza stanziare ulteriori risorse finanziarie con la legge di bilancio.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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