Un nuovo giro di QE alla BCE è più probabile di quanto pensiamo, ecco l’impatto sui bond

Un nuovo round di Quantitative Easing (QE) alla BCE sta diventando uno scenario concreto e per il mercato dei bond può segnare la svolta.
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5 giorni fa
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Nuovo QE in vista alla BCE
Nuovo QE in vista alla BCE © Licenza Creative Commons

Intervenendo da Varsavia, Polonia, il governatore della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, ha messo in chiaro che utilizzerà “tutti gli strumenti a disposizione” per raggiungere l’obiettivo della stabilità dei prezzi e “la stabilità finanziaria”, notando che i due fenomeni siano tra loro correlati. Ha altresì osservato che il mercato finanziario nell’Eurozona stia reagendo in maniera ordinata alle tensioni di queste settimane. Il riferimento è ai dazi americani, che hanno provocato un’ondata di vendite presso le borse mondiali e oscillazioni anche per l’obbligazionario. Parole che sembrano andare nella direzione di prospettare un nuovo giro di QE (Quantitative Easing) per l’Eurozona.

Nuovo QE con euro ai massimi storici

Gli spread si erano contratti a marzo, quando la Germania annunciò un piano di riarmo per contribuire alla sicurezza propria e del continente in misura maggiore, come richiesto dagli Stati Uniti di Donald Trump. Ad aprile si sono riallargati con l’annuncio dei dazi da parte di quest’ultimo. Se l’aumento previsto del debito tedesco rende i Bund meno speciali di quanto lo siano stati in tutti questi anni di austerità fiscale auto-imposta, le tensioni internazionali hanno fatto scattare una nuova corsa ai “safe asset”.

Ieri, il cambio euro-dollaro è salito a 1,14, il livello più alto da quando è iniziata la guerra tra Russia e Ucraina nel febbraio del 2022. La media contro le altre valute mondiali è salita ai massimi di sempre. Questa è una buona notizia per la BCE, chiamata la settimana prossima a decidere sui tassi di interesse. I costi delle importazioni tendono a ridursi e con essi l’inflazione. Un settimo taglio dello 0,25% è praticamente certo. Ma l’euro forte può anche rallentare ulteriormente la crescita economica già bassa dell’Eurozona, colpendone le esportazioni. Ciò accrescerebbe l’effetto negativo dei dazi americani.

Errore storico dell’euro con la crisi dei debiti

C’è un’altra esigenza, diremmo “storica” per l’intera Eurozona, vale a dire di non ripetere più l’errore madornale commesso 15 anni fa con la crisi dei debiti sovrani. Anche allora c’era stata una tensione finanziaria fortissima con epicentro gli USA per il crollo del mercato dei mutui subprime. Il mondo tremava all’idea di una seconda Grande Depressione. La finanza dollaro-centrica non era più considerata così credibile come si supponeva. L’euro sarebbe potuto essere l’alternativa, se non fosse che i governi dell’area si misero a pasticciare e litigare in diretta mondiale sui debiti, a partire dalla Grecia. Le divisioni politiche offuscarono la moneta unica, che sfiorò la scomparsa. Il dollaro rimase centrale per mancata concorrenza e, anzi, si sarebbe rafforzato fin troppo fino ai giorni nostri.

Come interpretare le parole di Lagarde? Una sorta di rassicurazione circa il fatto che tali errori non verranno più ripetuti. Ancora 5 anni fa ella stessa aveva dichiarato che “non siamo qui a chiudere gli spread”. Era il 12 marzo 2020, ad inizio pandemia. Le borse europee patirono il peggior crollo di sempre e lo spread sarebbe esploso in Italia fino ai livelli di allarme.

Un’altra era. Una settimana più tardi avrebbe lanciato il PEPP, programma di acquisti di bond per fronteggiare l’emergenza Covid sui mercati. Da allora la BCE avrebbe varato anche il TPI, noto anche come scudo anti-spread. E gli acquisti con il QE sarebbero cessati nel luglio 2022, i reinvestimenti dal luglio 2023. Quelli del PEPP cessarono nel marzo 2022, mentre i reinvestimenti sono stati azzerati solamente dalla fine dello scorso anno.

BCE tiene d’occhio gli spread

Strano a dirsi, ma un nuovo QE appare più probabile di quanto immaginiamo. La BCE avverte l’esigenza di contenere gli spread sul tratto lungo della curva. Il più alto è oggi tra Italia e Germania, in area 125 punti. Livelli per i quali avremmo firmato con il sangue solamente un anno fa. Ma c’è il rischio che salga per effetto di dazi e riarmo, entrambi surriscaldando le aspettative d’inflazione. Ciò comprometterebbe la risposta europea: l’aumento della spesa militare in deficit non sarebbe possibile per gran parte dell’Unione Europea, così come i sostegni all’economia fuori dalla Germania sarebbero poca cosa per ragioni di bilancio. E a differenza del passato, nel mirino dei mercati c’è da tempo anche la Francia, seconda economia dell’Eurozona e politicamente molto influente.

L’Europa perderebbe ancora una volta l’appuntamento con la storia e si rivelerebbe non all’altezza delle aspettative. Ecco perché un nuovo QE è nella lista delle cose possibili da fare a Francoforte. Compatibilmente con la discesa dell’inflazione, la BCE varerebbe un programma, magari mirato e di entità contenuta, finalizzato ad acquistare bond a lunga scadenza con l’obiettivo di calmierarne i rendimenti, restringendone gli spread con i Bund. Sarebbero assorbite le emissioni extra dei governi stimate. L’effetto secondario di tale programma sarebbe di sostenere il riarmo anche in stati come Francia e Italia con scarsi margini fiscali e di segnalare al mondo la stabilità finanziaria dell’area contro le tensioni a carico del dollaro. I flussi dei capitali avrebbero minori remore a dirigersi in Europa dall’America.

Nuovo QE anche negli USA?

Un nuovo QE terrebbe l’euro debole, un fatto che non dispiacerebbe alle imprese esportatrici, mentre farebbe infuriare il presidente americano Donald Trump. Ma molto dipenderà dalla reazione a sua volta della Federal Reserve nei prossimi mesi. Il mercato sconta 4-5 tagli dei tassi entro l’anno. Nel caso in cui le tensioni sui Treasuries montassero, Jerome Powell sarebbe costretto a buttarsi anch’egli negli acquisti dei titoli del debito per placarne i rendimenti. Una simile politica potrebbe finanche rendere superfluo l’intervento della BCE, considerato che la contestuale discesa dei rendimenti in Europa finirebbe per contenere i costi dei debiti di tutti gli stati e a restringere gli spread.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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1 Comment

  1. Per quel che può valere, io sono perfettamente d’accordo. La Cina, come la Russia per altri aspetti, adottano la stategia del bandito. Non lo dico con senso di accusa. Lo possono fare perché l America e l Europa ingenuamente fino adesso glielo hanno permesso. Non potendo competere rispettando le regole, Cina e Russia, hanno trovato una strategia efficace nel non rispettare le regole. La strategia del bandito appunto. Perché non avrebbero dovuto cercare il proprio vantaggio? Come si dice a Napoli: se non ci fossero i fessi, i furbi come potrebbero vivere?

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