Se cercate qualche titolo d’investimento per mettere a frutto il capitale, le obbligazioni sovranazionali possono essere il giusto compromesso tra rischio e rendimento. Il primo risulta praticamente azzerato, trattandosi di istituzioni che godono quasi sempre del massimo rating delle agenzie internazionali, a riprova della loro estrema solidità finanziaria. Quanto al secondo, dipende dalla valuta in cui il bond è denominato.
Prendiamo le obbligazioni della Banca Mondiale in scadenza nel marzo 2023 e con cedola 12% (ISIN: XS1791714147), denominate in lire turche. L’ente è solito emettere bond in valute emergenti per accrescerne la liquidità degli scambi e l’internazionalizzazione.
Acquistando il bond di cui sopra, non ci si espone al rischio sovrano turco, ma allo stesso tempo si rimane legati alle vicissitudini dei tassi di cambio. La lira turca quest’anno ha perso quasi il 22% contro il dollaro, attestandosi al momento ai minimi storici. Contro l’euro, scambia a un rapporto di 9, contro il biglietto verde a circa 7,60. E il bond, che si acquista oggi sul mercato secondario a 93,62 centesimi, offre un rendimento del 17%.
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Rischio cambio altissimo
Parliamo di livelli elevatissimi, specie considerando il rischio di emittente nullo. Eppure, esso è il riflesso delle probabilità di un altrettanto elevato deprezzamento del cambio nel prossimo futuro. Se esso continuasse a indebolirsi ai ritmi di questi mesi, alla scadenza l’investitore si ritroverebbe un capitale svalutato, una volta convertito in euro o altra valuta di origine.
Considerando che da qui alla scadenza manchino sostanzialmente 2 anni e mezzo, affinché il rendimento dell’operazione non diventi negativo, sarebbe necessario che la lira contro il dollaro scambiasse non oltre 13,15 e contro l’euro a non oltre 15,56. Sopra questi livelli, a metà marzo del 2023 il capitale riconvertito avrebbe subito perdite, come se avessimo investito a rendimenti negativi.
L’andamento della lira turca dipenderà da svariati fattori, tra cui il livello dei tassi reali, le condizioni geopolitiche e l’economia anatolica. Al momento, i tassi d’interesse della banca centrale sono stati fissati all’8,25%, a fronte di un’inflazione in agosto all’11,77%. Tassi reali negativi per il 3,50% foraggiano la fuga dei capitali e la crisi del cambio. Difficile che il governatore sia in grado nei prossimi mesi di sterzare con una politica monetaria più restrittiva, più probabile che saranno introdotti controlli sui capitali, a meno che l’inflazione non rientri da sola, magari a seguito dell’eventuale ulteriore riduzione a breve dei prezzi delle materie prime. Ad oggi, tutti i segnali appaiono scoraggianti, ragione per cui le suddette obbligazioni comportano l’assunzione di un rischio elevato, non teoricamente compensato neppure dal rendimento a doppia cifra.
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