Obbligazioni BEI in rand sudafricani, crollo pazzesco da inizio anno: che faccio?

Bond sovranazionali emessi in valute emergenti, spesso un'opportunità per incassare alte cedole, esponendosi solo al rischio di cambio e azzerando quello di credito. Vediamo come sta andando con le obbligazioni BEI in rand.
5 anni fa
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Un lettore ci chiede cosa fare con le obbligazioni della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), denominate in rand sudafricani, in scadenza nel dicembre 2026 e con cedola fissa 8,125% (ISIN: XS1167524922). Ne avevamo scritto nel luglio scorso, evidenziando come si possa investire in titoli del debito sicuri, cioè a rischio di credito sostanzialmente nullo, pur potendo approfittare delle alte cedole. E nel caso specifico, ci troviamo dinnanzi a un bond, la cui durata residua è di 6 anni e 9 mesi, a fronte della quale il rendimento offerto sfiora il 7,65%, il triplo dei livelli italiani sulla medesima scadenza, pur abnormemente risaliti nelle ultime sedute.

Questi bond in rand sudafricani renderebbero anche al netto del rischio cambio

Il problema di questi titoli è certamente legato al rischio di cambio. E ce ne dà prova proprio il bond di cui sopra, perché il rand sudafricano quest’anno ha perso quasi il 15% contro l’euro, scivolando ai nuovi minimi storici. Lo stesso valore nominale si è ridotto, pur di poco, perdendo il 2% e portando le perdite complessive virtualmente subite in poco più di due mesi e mezzo al 17%. In pratica, due anni di rendimento sono andati “bruciati”. Che cosa succede?

Il Sudafrica non sta riuscendo, come s’immaginerebbe, ad approfittare dell’azzeramento dei tassi americani. In teoria, l’allentamento monetario della Federal Reserve dovrebbe sostenere il cambio, ma non è così. A febbraio, l’inflazione nel paese emergente è salita al 4,6%, ai massimi dal novembre 2018. E quest’oggi, la Reserve Bank del Sudafrica dovrà decidere se tagliare i tassi dal 6,5% attuale per sostenere l’economia o meno. Di margini, ne dispone pochi, anche se il crollo delle quotazioni del petrolio ai minimi dal 2003, con il prezzo del Brent sceso sotto 30 dollari al barile, segnala un “raffreddamento” piuttosto veloce delle aspettative d’inflazione e questo consentirebbe all’istituto di allentare a sua volta la politica monetaria senza troppe preoccupazioni sul cambio.

L’impatto del Coronavirus sulle emergenti

In generale, la crisi economica globale in corso non depone a favore delle economie emergenti, compreso il Sudafrica, i cui tassi di crescita già erano asfittici ben prima che arrivasse il Coronavirus. Tornando al bond, tenerlo alla scadenza, come ci confida abbia intenzione di fare il lettore, sembrerebbe una buona strategia. Nell’ultimo decennio, il rand ha perso mediamente il 4% all’anno contro l’euro. Immaginando che questo restasse il ritmo anche per i prossimi anni, il rendimento effettivo alla scadenza risulterebbe d’ora in avanti di circa 3 punti e mezzo, affatto pochi per un investimento privo di rischio riguardo all’emittente.

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Il rand non è l’unica valuta emergente che sta pagando a caro prezzo questa fase. Il peso messicano ha perso quasi il 17% contro il dollaro, scambiando ai nuovi minimi storici. Ciò è dovuto al fatto che ogni anno il Messico esporta verso gli USA qualcosa come un terzo del suo pil, circa 358 miliardi di dollari nel 2019. Dunque, è fortemente dipendente dalla congiuntura degli States, che certamente non solo starebbe rallentando, ma persino entrando in recessione, come tutte le altre principali economie mondiali, a causa delle misure adottate per combattere la pandemia.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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