Quest’anno è stato difficile trovare in giro per il mondo una valuta che abbia messo a segno rialzi contro il dollaro. Tra le poche ad esservi riuscita vi è il kwanza dell’Angola: chiude il 2021 a +15%. E anche le obbligazioni emergenti emesse da Luanda si sono rivelate parecchio redditizie per gli investitori, seconde in Africa solamente a quelle dello Zambia.
L’economia angolana non se la passa bene. Dovrebbe riuscire appena a non andare indietro quest’anno e crescerebbe del 2,4% nel 2022.
Due obbligazioni emergenti a +20% quest’anno
Il debito sovrano angolano resta decisamente “non investment grade”, ma almeno inizierebbe a risalire la china. Abbiamo analizzato per voi l’andamento di due titoli di stato. La prima è la scadenza 9 maggio 2028 e cedola 8,25% (ISIN: XS1819680288) in dollari, che si accinge a chiudere il 2021 intorno alla pari. Ieri, quotava a 99,83 centesimi, segnando +4,4% in un anno. Chi l’avesse acquistata alla fine del 2020, oggi avrebbe in portafoglio un asset che offre un rendimento alla scadenza in area 8,3% e che ha fruttato in appena 12 mesi un guadagno virtuale del 20%.
Infatti, oltre alla crescita della quotazione, c’è la cedola, che rapportata al valore dell’investimento iniziale fa 8,6%. E il cambio euro-dollaro si è rafforzato nel frattempo di circa il 7,7%. Il saldo è positivo di oltre il 20%. L’altra scadenza monitorata è il trentennale 26 novembre 2049 e cedola 9,125% (ISIN: XS2083302500), anch’essa in dollari. La quotazione è salita di quasi il 4% a più di 94 centesimi. La cedola ha fruttato un altro 10% e il c’è sempre il fattore cambio che avrebbe giocato a favore nostro.
Ma il 2022 non è detto che sarà simile al 2021 per le obbligazioni emergenti dell’Angola. Il 90% delle esportazioni del paese si ha grazie al petrolio, le cui quotazioni dovrebbero smettere di salire nei prossimi mesi, assestandosi intorno ai valori attuali. In più, sia il kwanza che il debito sovrano hanno beneficiato dell’esborso di 772 milioni di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale. Senza una ripresa convincente dell’economia domestica, il rischio di credito percepito non diminuirà ulteriormente.