Continua a non essere un buon momento per il mercato globale dei bond, sebbene si avvicini la fine del tunnel dei rialzi dei tassi d’interesse. E se vi dicessimo che ci sono obbligazioni emergenti che si sono apprezzate anche del 20% in appena tre settimane? A marzo, la Bolivia aveva schivato il default con il pagamento di una cedola semestrale di 22,5 milioni di dollari. Trattasi del bond con scadenza 20 marzo 2028 e tasso del 4,50% (ISIN: USP37878AC26) da 1 miliardo. Questo titolo era arrivato ad una quotazione di appena 46 centesimi il 17 aprile scorso, mentre venerdì chiudeva a quasi 56 centesimi.
Cos’è successo, a parte lo scampato default (per il momento)? Il governo è riuscito a far passare al Senato una legge con la richiesta maggioranza dei due terzi dei voti, con cui autorizza la banca centrale ad acquistare oro direttamente dalle società minerarie senza passare per le controllate statali. Secondo l’amministrazione del presidente socialista Luis Arce, questa sarebbe la via per consentire alla Bolivia di monetizzare le sue riserve auree. Dunque, obbligazioni emergenti in risalita su un calo teorico del rischio default.
Obbligazioni emergenti ad altissimo rischio default
In effetti, la situazione è drammatica. La popolazione si aspetta una svalutazione imminente e corre a comprare dollari. Le riserve in valuta estera si sono quasi del tutto prosciugate. Al netto dell’oro, valevano appena 372 milioni di dollari a gennaio. La banca centrale ha sospeso la pubblicazione dei dati da inizio febbraio. E non fa che aumentare i dubbi sulla tenuta del paese. Le riserve auree, invece, valgono ai prezzi attuali di mercato qualcosa come 2,9 miliardi. Chiaramente, più oro si riesce ad acquistare e più le riserve possono aumentare di valore.
Riserve più elevate garantiscono la solvibilità di queste obbligazioni emergenti ad alto rischio di credito. Tuttavia, la domanda è lecita: con quali denari la banca centrale vorrebbe acquistare oro dalle società minerarie? Se la soluzione fosse di stampare moneta, non si farebbe che accentuare la crisi valutaria già in corso, con la conseguenza di rendere la svalutazione non solo più probabile, ma anche più dura. Non a caso, le opposizioni considerano questa legge una “non soluzione” al problema strutturale delle riserve calanti. Queste ammontavano ad oltre 14 miliardi di dollari nel 2014. La situazione si è di molto aggravata negli ultimi anni. Le agenzie di rating classificano il debito boliviano come “spazzatura”: B- per S&P e Fitch, Caa1 per Moody’s.