Ore di attesa per i creditori di Evergrande, ai quali non risulta essere stato effettuato alcun pagamento relativo a due cedole di altrettante obbligazioni in scadenza nella giornata di ieri. Parliamo dei bond 6 novembre 2022 con cedola 13% e 6 novembre 2023 con cedola 13,75%. Essendo scaduto il periodo di grazia dei 30 giorni, nel caso in cui la società non avesse provveduto al pagamento, scatterebbe in automatico il default su 19 miliardi di dollari di debiti contratti in valuta estera.
Le obbligazioni Evergrande in questione ammontano a un controvalore nominale di oltre 1,22 miliardi, di cui 645 milioni l’una e quasi 580 milioni l’altra.
Non solo obbligazioni Evergrande a rischio default
Proprio ieri, la Banca Popolare Cinese (PBoC) ha tagliato il coefficiente di riserva obbligatoria alle banche dello 0,50%, liberando liquidità fino a quasi 190 miliardi. Una misura, che indirettamente favorirebbe anche il comparto immobiliare, pur non subito. Difficile, infatti, che le banche cinesi aiutino colossi come Evergrande con finanziamenti diretti. Semmai, la maggiore facilità di accesso ai mutui consentirebbe a più famiglie di acquistare casa e nel tempo ciò aiuterebbe le società di costruzione.
Tuttavia, Evergrande di tempo a disposizione non ne ha più. La misura di ieri della PBoC punterebbe a circoscrivere l’incendio, evitando il contagio. E c’è un altro colosso immobiliare che rischia proprio oggi il default: Kaisa. Scade oggi un bond da 400 milioni di dollari e la società non sembra in grado di rispettare l’impegno. Ieri, un numero di obbligazionisti in possesso di oltre la metà del capitale ha scritto all’emittente per comunicarle l’offerta di un periodo di tolleranza. Un modo per sventare la dichiarazione imminente di default.
La situazione è gravissima, se è vero che le obbligazioni Evergrande sul mercato secondario si acquistino a poco più di 18 centesimi. Si tratta di livelli di profondo stress, un segnale che gli investitori siano più che convinti che il default prima o poi ci sarà e scatterà una tagliola ben superiore al 40% del valore nominale, considerato uno standard internazionale nella valutazione dei casi di ristrutturazione del debito.