Venerdì scorso, Credit Suisse ha emesso obbligazioni 100% ProNote con Knock-out in dollari USA e legati all’oro (ISIN: CH0493463738). Il titolo è stato quotato alla Borsa Italiana, dove ieri prezza 101,95, nettamente sopra 100, che è stato anche il prezzo di emissione. E c’è una ragione, come vedremo, per questo debutto coi fiocchi. Si tratta di un bond strutturato, che non prevede la corresponsione di cedole fino alla data di scadenza, fissata al 21 febbraio 2023. Esso assicura il rimborso del capitale integrale, mentre il “payout” dipenderà dalla performance delle quotazioni dell’oro.
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In altre parole, se l’oro risulterà salito sopra il livello di riferimento, l’emittente riconoscerà all’investitore la percentuale di crescita spettante calcolata sul capitale nominale investito, ma se questa risulterà superiore al 23,50%, il rendimento massimo non andrà oltre. Dunque, l’ipotesi migliore per l’obbligazionista sarebbe che l’oro si portasse esattamente ai prezzi utili per maturare il massimo rendimento, cioè a 1.953,03 dollari. Superata questa soglia, il rendimento non cresce più, per cui l’ulteriore eventuale lievitazione delle quotazioni sarebbe inutile ai fini dei pagamenti.
Nel caso opposto, se l’oro alla scadenza risultasse sceso sotto il fixing iniziale, all’obbligazionista non spetterà alcun pagamento, oltre naturalmente al capitale integralmente rimborsato. Trattandosi di un investimento triennale, possiamo calcolare il rendimento minimo e massimo lordo maturabili. Quello minimo è chiaramente nullo, quello massimo risulterebbe del 7,20%. Ma esistono alcuni rischi specifici legati a questo titolo. Essendo denominato in dollari USA, si corre, anzitutto, quello di cambio. Se l’euro si rafforzasse contro il dollaro, il capitale e l’eventuale “payout” verrebbero corrisposti in una valuta deprezzatasi rispetto alla data dell’investimento, deprimendo il rendimento effettivo dell’operazione.
Gli altri rischi del bond
E nel documento informativo, si legge che l’emittente si riserva la facoltà di rimborsare anticipatamente il bond, qualora si verificassero eventi straordinari riguardanti il prodotto, l’emittente o il sottostante. E in quel caso, l’importo ricevuto potrebbe essere anche inferiore al capitale investito. E c’è anche il rischio di liquidità. Poiché sono stati emessi titoli per un controvalore complessivo di appena 16,5 milioni di dollari, difficile che gli scambi giornalieri siano sostenuti. Questo comporta il rischio che l’investitore, se volesse rivendere in anticipo, non trovi nell’immediato un acquirente, dovendo eventualmente accettare prezzi anche di molto più bassi a quelli desiderati. Ciò accade quando gli spread denaro-lettera risultano relativamente elevati.
Infine, attenzione ai costi. Su un investimento di 10.000 dollari, quelli totali al termine del periodo di investimento ammontano a quasi 310 dollari, pari a un minore rendimento annuo dell’1,02%. E per disinvestimenti dopo solo un anno, si arriva al -3,14%. Pertanto, chi acquistasse questi titoli dovrebbe accettare l’ipotesi di doverli mantenere fino alla scadenza per evitare di subire perdite effettive legate alle commissioni, all’impossibilità di rivendere a prezzi congrui e/o al cambio sfavorevole. Il taglio minimo è stato fissato a soli 1.000 dollari, per cui parliamo di un bond alla portata di tutte le tasche. In una scala da 1 a 7, Credit Suisse classifica il grado di rischio pari a 2, cioè basso. Ricordiamo che ieri l’oro ha superato i 1.680 dollari l’oncia, +8% rispetto al fixing, trascinando al rialzo il prezzo del titolo appena debuttato al MoT.