Sul Mercato obbligazionario Telematico di Borsa Italiana sono da poco sbarcate le nuove obbligazioni di Intesa Sanpaolo denominate in dollari USA. L’istituto piemontese ne ha emesse due tranche: la prima è di durata quinquennale, è a tasso fisso e ha scadenza 15 giugno 2026 (ISIN: XS2351324517); la seconda ha una durata di 7 anni, ha scadenza in data 15 giugno 2028 e offre una cedola mista (ISIN: XS2351324947). Per entrambe, il taglio minimo è stato fissato in 2.000 dollari, qualcosa come circa 1.650 euro.
Le obbligazioni Intesa Sanpaolo a 5 anni presentano un funzionamento semplice.
Nel dettaglio, la cedola potrà variare da un minimo dell’1% a un massimo del 2%. Il fattore di partecipazione, vale a dire l’aggancio all’indice sottostante, sarà del 100%. Questo significa che più alta l’inflazione USA, più alta la cedola. In teoria, in un simile scenario la Federal Reserve dovrebbe alzare i tassi, un fatto che apprezzerebbe il dollaro contro l’euro. E a sua volta, ciò farebbe bene all’investimento, dato che il capitale si rivaluterebbe in automatico.
Tuttavia, il limite del 2% fissato per la cedola riduce drasticamente una simile probabilità. Se anche l’inflazione USA salisse sopra il 2%, non avrebbe più alcuna importanza per l’obbligazionista. L’unica speranza sarebbe che il dollaro si apprezzasse, ma ciò accadrebbe anche nel caso delle obbligazioni Intesa Sanpaolo a tasso fisso. Con l’unica differenza che, a fronte di una scadenza più longeva di due anni, il tasso offerto qui lieviterebbe dello 0,65% con certezza per i primi 3 anni e in potenza negli ultimi 4.
In un orizzonte temporale medio-lungo, tuttavia, il cambio euro-dollaro sembra destinato ad apprezzarsi. E ciò per il semplice motivo che i tassi d’interesse nell’Eurozona siano più bassi di quelli americani e abbiano un margine di rialzo maggiore. C’è da dire che entrambe le obbligazioni Intesa Sanpaolo quotano in queste ore di poco sotto la pari, specie la tranche a tasso misto. Questo accresce il rendimento alla scadenza, pur non significativamente.